Archivio mensile:dicembre 2015

La responsabilità della casa di cura è contrattuale

Cass. Sez. III, 13.11.2015 n. 23198

Diritto delle obbligazioni e contratti – responsabilità medica – casa di cura – sussistenza

Il rapporto che si instaura tra paziente e casa di cura (o ente ospedaliero) ha la sua fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell’obbligazione al pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente, dall’assicuratore, dal servizio sanitario nazionale o da altro ente), insorgono a carico della casa di cura (o dell’ente), accanto a quelli di tipo lato sensu alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze. Ne consegue che la responsabilità della casa di cura (o dell’ente) nei confronti del paziente ha natura contrattuale e può conseguire, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., all’inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché, in virtù dell’art. 1228 cod. civ., all’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando in contrario al riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere anche di fiducia dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto.

Il CTU va comunque pagato anche se le spese relative sono poste a carico dell’altra parte in sentenza

Cass. Sez. II, 12.11.2015 n. 23133

Diritto processuale civile – CTU – compenso – solidarietà – sentenza

Qualora il consulente tecnico d’ufficio non abbia ricevuto il proprio compenso dalle parti a ciò obbligate a seguito dell’emissione di decreto provvisorio di liquidazione, ed abbia inutilmente chiesto il dovuto ai soggetti indicati nel decreto di liquidazione provvisoria delle sue spettanze, secondo le percentuali ivi stabilite, le parti sono solidalmente obbligate a corrisponderlo a prescindere dalla diversa ripartizione delle medesime spese stabilita nella sentenza che ha definito la controversia.

Come devono essere approvate le clausole vessatorie

Cass. Sez. III, 11.11.2015 n. 22894

Diritto delle obbligazioni e contratti – clausole vessatorie – approvazione – modalità

La forma prevista dall’art. 1341cc risulta rispettata quando l’attenzione del contraente, ai cui danni la clausola è stata predisposta, viene adeguatamente sollecitata e la sua sottoscrizione viene apposta in modo consapevole, cosa questa che può dirsi se è rivolta specificamente proprio anche a tale contenuto a lui sfavorevole. Per avere questo effetto è sufficiente fare un richiamo, nella specifica approvazione, al numero della clausola vessatoria; mentre non è sufficiente un mero richiamo cumulativo a tutte le clausole vessatorie a meno che non se indichi per ciascuna, in detto richiamo, anche solo sommariamente il contenuto.

Non sempre la ricezione dell’opera appaltata significa accettazione tacita della stessa

Cass. Sez. III, 10.11.2015 n. 22879

Diritto delle obbligazioni e contratti – appalto – accettazione tacita – condizioni

In tema di appalto, la presa in consegna dell’opera da parte dei committente non equivale, “ipso facto”, ad accettazione della medesima senza riserve, e quindi ad una accettazione tacita pur in difetto di verifica, ex art. 1665/4 cc, occorrendo in concreto stabilire se nel comportamento delle parti siano o meno ravvisabili elementi contrastanti con la presunta volontà di accettare l’opera senza riserve.

La responsabilità degli amministratori privi di deleghe

Cass. Sez. I, 9.11.2015 n. 22848

Diritto societario – amministratori – responsabilità – condizioni

Il sistema della responsabilità degli amministratori privi di deleghe posto dagli art. 2381, dal 3 al 6 comma, e 2392 c.c., come innovati dalla riforma del diritto societario, conforma l’obbligo di vigilanza dei medesimi non più come avente ad oggetto “il generale andamento della gestione” – quale controllo continuo ed integrale sull’attività dei delegati – ma richiedendo loro, secondo la diligenza esigibile sin dal momento dell’accettazione della carica, di informarsi ed essere informati, anche su propria sollecitazione, degli affari sociali, e di trame le necessarie conseguenze. Il perdurante dovere di controllo in capo ai medesimi può precisarsi come obbligo di informazione attiva e passiva, nonché di conseguente attivazione, al fine di scongiurare le condotte dei delegati da cui possa derivare danno alla società; quel che è definito il “dovere di agire informato”.

In caso di obbligo di eliminare i vizi la riduzione del prezzo e la risoluzione del contratto soggiaciono alla prescrizione annuale

Cass. Sez. II, 6.11.2015 n. 22690

Diritto delle obbligazioni e contratti – compravendita – azioni edilizie – prescrizione – sussistenza

In tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, il diritto del compratore alla riduzione del prezzo e alla risoluzione del contratto resta soggetto alla prescrizione annuale, di cui all’art. 1495 cod. civ. Va fatta la distinzione tra il regime configurabile per le azioni edilizie, soggette alla prescrizione annuale specificamente stabilita dal codice e il regime applicabile alla diversa obbligazione di facere che può essere assunta dal venditore il quale si sia successivamente obbligato a eliminare i vizi della cosa. Questa obbligazione è esterna alla disciplina di cui all’art. 1490 cc e tale da non poter influire su di essa e sul termine di prescrizione. Non si può dunque affermare che il riconoscimento dei vizi giustifica il superamento dei limiti temporali sanciti dall’art. 1495.
La prescrizione decennale è propria della diversa obbligazione di eliminare i vizi della cosa che il venditore abbia eventualmente assunto al di fuori dalle azioni edilizie e quindi dalla garanzia per vizi.

Il contratto stipulato dall’accomandante non impegna la società

Cass. Sez. II, 5.11.2015 n. 22666

Diritto societario – società in accomandita semplice – accomandante – rappresentanza – insussistenza

Nella società in accomandita semplice, diversamente da quanto accade nella società in accomandita per azioni, non vi è necessaria coincidenza tra la qualifica di socio accomandatario e quella di amministratore, nel senso che non tutti gli accomandatari devono essere anche amministratori, con la conseguenza che l’ingerenza del socio accomandante nell’amministrazione, pur comportando la perdita della limitazione di responsabilità, ai sensi dell’art. 2320 cc, non si traduce anche nell’acquisto del potere di rappresentanza della società.

Nella divisione ereditaria il bene indivisibile può essere assegnato anche al comproprietario titolare della quota minore

Cass. Sez. II, 5.11.2015 n. 22663

Diritto delle successioni – comunione ereditaria – divisione – assegnazione – criteri

In tema di divisione ereditaria, nel caso in cui uno o più immobili non risultino comodamente divisibili, il giudice ha il potere discrezionale di derogare al criterio, indicato dall’art. 720 cc, della preferenziale assegnazione al condividente titolare della quota maggiore, purché assolva all’obbligo di fornire adeguata e logica motivazione della diversa valutazione di opportunità adottata.

La rinuncia alla clausola risolutiva inserita in un contratto preliminare di compravendita di beni immobili deve avere la forma scritta

Cass. Sez. II, 5.11.2015 n. 22662

Diritto delle obbligazioni o contratti – contratto preliminare – clausola risolutiva – forma scritta – necessità

Una intesta inter partes per la modifica del contratto preliminare con rinuncia agli effetti della clausola risolutiva comporta una modifica contrattuale con rilevante alterazione rispetto al precedente negozio che va validamente adottata a mezzo di forma scritta.

Lo squilibrio economico tra le prestazioni corrispettive di un contratto non ne comporta la nullità

Cass. Sez. I, 4.11.2015 n. 22567

Diritto delle obbligazioni o contratti – contratti a prestazioni corrispettive – squilibrio tra le prestazioni – nullità – insussistenza

Lo squilibrio economico originario non priva di causa il contratto, perché nel nostro ordinamento prevale il principio dell’autonomia negoziale, che opera anche con riferimento alla determinazione delle prestazioni corrispettive. Si ritiene dunque che, salvo particolari esigenze di tutela, “le parti sono i migliori giudici dei loro interessi”. Sicché solo l’indicazione di un prezzo assolutamente privo di valore, meramente apparente e simbolico, può determinare la nullità della vendita per difetto di uno dei suoi requisiti essenziali, mentre la pattuizione di un prezzo notevolmente inferiore al valore di mercato della cosa venduta, ma non del tutto privo di valore, pone solo un problema concernente l’adeguatezza e la corrispettività delle prestazioni ed afferisce, quindi, all’interpretazione della volontà dei contraenti ed all’eventuale configurabilità di una causa diversa del contratto.