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I patti parasociali possono contenere opzioni put e call

Cass. Sez. I, 26.5.2025 n. 14016

Diritto commerciale – società di capitali – patti parasociali – opzioni – presenza – legittimità

In tema di patti parasociali, è valida la previsione all’interno di essi di opzioni put e call (le opzioni call e put sono contratti derivati che conferiscono all’acquirente il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare (call) o vendere (put) un determinato asset a un prezzo prestabilito, chiamato prezzo strike, entro o alla data di scadenza – NDR) tra i soci stipulanti, identificandosi la causa concreta del negozio in una forma di garanzia per il socio finanziatore, come tale rientrante nell’autonomia contrattuale concessa ai soci e pertanto meritevole di tutela da parte dell’ordinamento.

Il contratto di leasing deve avere allegato il piano di ammortamento

Cass. Sez. III, 30.5.2025 n. 14575

Diritto bancario e dei mercati finanziari – contratti bancari – leasing – piano di ammortamento – necessità

È nulla per indeterminatezza, ex art. 1346 cc e art. 117 TUB, la clausola relativa agli interessi in un contratto di leasing quando manchi il piano di ammortamento e non siano indicati i criteri per la maturazione e l’esigibilità degli interessi, precludendo la conoscibilità ex ante del costo complessivo dell’operazione.

I costi dell’assicurazione vanno calcolati nel TAEG

Cass. Sez. I, 29.5.2025 n. 15114

Diritto bancario e dei mercati finanziari – contratti bancari – TAEG – polizza assicurativa – calcolo

Ai fini della determinazione del tasso usurario, occorre considerare l’incidenza di tutti i costi, nessuno escluso (ivi compresi quelli relativi all’assicurazione) collegati all’erogazione del credito (ad eccezione delle sole imposte e tasse già non incluse nel calcolo del TAEG) ed il TAEG è l’indice che esprime la detta incidenza.

La banca che agisce per il proprio credito deve produrre tutti gli estratti-conto anche se il credito non è contestato

Cass. Sez. I, 21.5.2025 n. 13667

Diritto bancario e dei mercati finanziari – conto corrente – credito – prova – estratti conto – necessità

La banca che agisce in via monitoria per ottenere il pagamento del saldo passivo di un conto corrente ha l’onere di provare la propria pretesa mediante la produzione completa della documentazione relativa all’intero rapporto, a partire dalla sua apertura. In mancanza di tale prova documentale, il giudice è tenuto ad applicare il criterio del c.d. “saldo zero”, neutralizzando il saldo iniziale del primo estratto conto disponibile. L’applicazione di tale criterio è imposta anche in assenza di specifiche contestazioni dell’opponente circa il computo del saldo, in quanto l’incompletezza documentale incide non sul quantum, ma sull’an della pretesa creditoria e dunque sulla sua stessa ammissibilità.

Per l’ammissione al passivo del credito bancario è necessario il contratto con data certa e non bastano i soli estratti-conto

Cass. Sez. I, 20.5.2025 n. 13493

Diritto della crisi di impresa – fallimento – ammissione al passivo – contratto – data certa – necessità

In tema di ammissione allo stato passivo di crediti fondati su contratti bancari, la mancanza di fonte contrattuale dotata di data certa «equivale a mancanza di prova dell’esistenza del contratto e rende inidonea a provare l’esistenza del contratto la produzione degli estratti conto.

La chiusura del fallimento non estingue estratti-conto

Cass. Sez. I, 20.5.2025 n. 13493

Diritto della crisi di impresa – fallimento – ammissione al passivo – contratto – data certa – necessità

La chiusura del fallimento non comporta l’automatica improcedibilità dell’azione revocatoria pendente promossa dalla curatela, potendo il processo proseguire in capo agli ex organi della procedura o al soggetto cessionario dei diritti litigiosi.

Il recesso dalle trattative comporta responsabilità aquiliana

Cass. Sez. II, 13.5.2025 n. 12679

Diritto delle obbligazioni e contratti – responsabilità precontrattuale – trattative – recesso – responsabilità aquiliana – sussistenza

Il recesso ingiustificato da trattative in stato avanzato integra responsabilità precontrattuale che va ricondotta alla responsabilità aquilana, con le relative conseguenze in termini di distribuzione dell’onere della prova.

Nella procedura di liquidazione del patrimonio è esperibile l’azione revocatoria

Cass. Sez. I, 10.5.2025 n. 12395

Diritto delle obbligazioni e contratti – sovraindebitamento – liquidazione del patrimonio – azione revocatoria – eccezione – esperibilità

Nella liquidazione del patrimonio del sovraindebitato, il liquidatore può sollevare l’eccezione di revocatoria ordinaria per far dichiarare inefficaci gli atti compiuti in pregiudizio ai creditori.

Nella revocatoria fallimentare la conoscenza del terzo dello stato di insolvenza si può provare anche con presunzioni

Cass. Sez. I, 28.4.2025 n. 11145

Diritto della crisi di impresa – fallimento – azione revocatoria – stato di insolvenza – conoscenza – prova

L’onere della prova della cd. “scientia decoctionis” in capo all’”accipiens“, gravante sulla curatela, può essere assolto mediante il ricorso a presunzioni ex artt. 2727 e 2729 C.c., sempreché gli elementi indiziari, valutati necessariamente gli uni per mezzo degli altri, si rivelino idonei nel loro complesso a condurre il giudice a ritenere che il terzo, facendo uso della sua normale prudenza e avvedutezza – rapportata anche alle sue qualità personali e professionali, nonché alle condizioni in cui egli si è trovato concretamente ad operare – non possa non aver percepito i sintomi rivelatori della decozione del debitore.

Nella procedura di sovraindebitamento il credito privilegiato insoddisfatto concorre con i crediti chirografari

Cass. Sez. I, 11.4.2025 n. 9549

Diritto della crisi di impresa – sovraindebitamento – piano – crediti privilegiati – parziale soddisfazione – conseguenze

In tema di sovraindebitamento e, in particolare, ai fini dell’omologazione del piano del consumatore ai sensi della legge n. 3 del 2012, laddove al creditore privilegiato venga attribuito un pagamento parziale nei limiti della capienza sul valore del bene gravato dal privilegio (come consentito dall’art. 7, comma 1, della predetta legge), egli non cessa di essere creditore per la parte residua, la quale, degradata in chirografo, gli dà diritto a un ulteriore soddisfacimento, nella misura prevista per gli altri creditori chirografari.