Archivio mensile:dicembre 2013

Tra il decreto ingiuntivo e la causa in prevenzione conta la data di deposito del primo per determinare la litispendenza

Cass. Sez. II, 20.11.2013 n. 26059

Diritto processuale civile – litispendenza

Qualora la parte nei cui confronti è stata chiesta l’emissione di decreto ingiuntivo abbia proposto domanda di accertamento negativo del credito davanti ad un diverso giudice prima che il ricorso ed il decreto ingiuntivo le siano stati notificati, e qualora ci sia continenza tra le due cause, ai fini dell’individuazione del giudice preventivamente adito, il giudizio introdotto con ricorso per decreto ingiuntivo deve ritenersi pendente alla data di deposito di quest’ultimo, a condizione che il ricorso e il decreto siano stati successivamente notificati; pertanto la notifica del ricorso e del decreto costituiscono la condizione per il verificarsi della litispendenza il cui avveramento retroagisce, a questi fini, al momento del deposito del ricorso.

Il mutuo fondiario senza presupposti si converte in mutuo ipotecario

Cass. Sez. III, 19.11.2013 n. 25903

Diritto commerciale – Diritto bancario – mutuo fondiario

Qualora il giudice ritenga che il contratto di mutuo fondiario sottoscritto tra le parti non rivesta i caratteri propri del tipo, in assenza dei relativi requisiti – concessione da parte di banche di finanziamento a medio/lungo termine con garanzia di primo grado su immobili – così da non poter costituire idoneo titolo esecutivo, può ravvisare, in forza del principio di conversione degli atti giuridici nulli, la stipulazione per atto pubblico notarile di un mutuo ipotecario, ove sia presente l’indicazione degli elementi strutturali della obbligazione.

Revocatoria fallimentare: lo scoperto di conto non prova di per sé la conoscenza dello stato di insolvenza

Cass. Sez. VI, 19.11.2013 n. 25952

Diritto commerciale – Diritto fallimentare – azione revocatoria fallimentare

Il fatto che l’imprenditore poi fallito avesse avuto una costante scopertura del conto corrente bancario, non costituisce di per sé prova della conoscenza del suo stato di insolvenza da parte della banca perché si tratta di circostanza equivoca, che potrebbe essere indicativa anche della fiducia riposta dalla banca nelle capacità economiche del proprio cliente, e che non può costituire elemento presuntivo così grave da fondare da solo la prova della ricorrenza del presupposto soggettivo dell’azione revocatoria fallimentare e cioè della conoscenza dello stato di insolvenza.

Shopping compulsivo della moglie: è addebitabile la separazione

Cass. Sez. I, 18.11.2013 n. 25843

Diritto di famiglia – separazione tra coniugi – addebito

Qualora il coniuge sia affetto da “shopping compulsivo”, disturbo mentale caratterizzato da un impulso irrefrenabile ed immediato ad acquistare e da una tensione crescente, alleviata soltanto acquistando appunto beni mobili, e qualora detta patologia non sia associata ad altre che comportino la perdita della capacità di intendere e di volere, ne deriva che detto coniuge tenga un comportamento in violazione dei doveri nascenti dal matrimonio e gli va addebitata la separazione.

Società trasformata: il socio illimitatamente responsabile non fallisce più dopo un anno dalla iscrizione della trasformazione

Cass. Sez. I, 18.11.2013 n. 25846

Diritto commerciale – Diritto fallimentare – Diritto societario

In caso di trasformazione da società di persone a società di capitali la liberazione del socio già illimitatamente responsabile dalle obbligazioni preesistenti alla trasformazione è fatto diverso dalla cessazione della responsabilità illimitata. Infatti, in mancanza del consenso esplicito o presunto dei creditori alla trasformazione di una società di persone in società di capitali, il socio illimitatamente responsabile della prima non è liberato dalle obbligazioni sociali contratte sino al momento della trasformazione e continua a risponderne illimitatamente; tuttavia, dopo che la trasformazione ha avuto luogo solo la società risponde delle nuove obbligazioni sociali non essendo prevista alcuna ultrattività della responsabilità illimitata del socio. Ne consegue che, decorso un anno dalla iscrizione della trasformazione nel registro delle imprese, non può più essere dichiarato il fallimento del socio già illimitatamente responsabile.

L’accertamento della comunione legale su un bene non prevale sul pignoramento dello stesso già trascritto

Cass. Sez. III, 18.11.2013 n. 25865

Diritto delle obbligazioni e contratti – Diritto di famiglia – comunione tra coniugi

Il coniuge ha sempre la possibilità di chiedere una sentenza che accerti l’inserimento nella comunione legale del bene che sia stato acquistato dall’altro dichiarando che si trattava di un bene personale. La sentenza però che accerti la proprietà comune del bene non è opponibile ai creditori personali del coniuge acquirente che abbiano trascritto sull’intero bene un pignoramento e abbiano proceduto con l’esecuzione forzata.

Sopraelevazione vietata se contrasta con la normativa antisismica

Cass. Sez. VI, 15.11.2013 n. 25766

Diritto immobiliare – comunione e condominio

La sopraelevazione è vietata qualora le condizioni statiche dell’edificio non la consentano, e cioè anche nel caso in cui le strutture dell’edificio siano tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentono di sopportare l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica. Pertanto, se le leggi antisismiche prescrivono particolari tecniche da adottarsi nella sopraelevazione di edifici, di esse si deve tenere conto per accertare od escludere il diritto del proprietario.
Il diritto del condomino di sopraelevare sorge solo se la stabilità strutturale dell’edificio in condizioni di quiete lo consente o, nelle zone sottoposte a rischio sismico, solo se la struttura del fabbricato è adeguata al grado di sismicità della zona e, perciò è pronta a sopportare la sopraelevazione. Con la conseguenza che la domanda di demolizione può essere paralizzata solo dalla prova, che deve fornire il condomino che vuole sopraelevare, secondo la quale non solo la sopraelevazione ma anche la struttura sottostante è adeguata a fronteggiare il rischio sismico; con la conseguenza che se tale prova non è data,il diritto di sopraelevare non può sorgere.

L’amministratore che emette un assegno rischia il protesto in proprio se non spende il nome della società

Cass. Sez. I, 12.11.2013 n. 25371

Diritto delle obbligazioni e contratti – Titoli di credito – Assegno bancario

I requisiti perché l’assegno emesso dall’amministratore impegni la società sono non solo l’esistenza di una procura o di un potere ex lege ma anche l’apposizione della sottoscrizione sul titolo con l’indicazione di tale qualità, almeno in modo tale da rendere evidenti ai terzi l’avvenuta assunzione dell’obbligazione in nome altrui. In mancanza di tale specificazione le conseguenze giuridiche conseguenti all’emissione del titolo sono esclusivamente a carico di chi risulti averlo sottoscritto. Quindi il protesto deve essere elevato nei confronti di chi abbia emesso il titolo secondo quello che risulta dalla firma di emittenza o di traenza. Ove si ravvisino esplicitamente nel titolo indici univocamente attestanti l’esistenza di un rapporto di rappresentanza, il protesto deve essere elevato nei confronti del rappresentato. Nell’ipotesi contraria la responsabilità esclusiva dell’emissione del titolo e della sua circolazione fuori delle condizioni di legge è a carico di chi lo abbia sottoscritto.

Le bottiglie si rompono durante il viaggio? Conta come sono state consegnate al trasportatore con la clausola “franco partenza”

Cass. Sez. II, 12.11.2013 n. 25423

Diritto delle obbligazioni e contratti – contratto di compravendita

Se la vendita della merce sia stata pattuita con la clausola “franco partenza”, la venditrice non deve garantire che la merce stessa giunga integra a destinazione, bensì solo a rispondere della integrità della stessa al momento della consegna al vettore, secondo quanto previsto dall’art. 1510 cc.

La cessione di un credito è sempre revocabile dal fallimento

Cass. Sez. I, 11.11.2013 n. 25284

Diritto commerciale – Diritto fallimentare – azione revocatoria fallimentare

Lo stato di insolvenza, per l’azione revocatoria prevista dall’art. 67 LF, non va specificatamente dimostrato da parte del Curatore Fallimentare, rilevando soltanto nel relativo giudizio la prova della conoscenza di detto stato di insolvenza da parte del creditore. Lo stato di insolvenza solo da un punto di vista logico è un requisito oggettivo della revocatoria fallimentare, mentre da un punto di vista giuridico viene assorbito nel requisito soggettivo della conoscenza dei relativi segni esteriori. La mancanza di questi segni esteriori finisce, perciò, per rilevare non come prova della mancanza dello stato di insolvenza, ma come prova della mancanza della relativa conoscenza.
In tema di azione revocatoria fallimentare la cessione di credito in funzione solutoria, quando non sia prevista al momento del sorgere dell’obbligazione ovvero non sia attuata nell’ambito della disciplina della cessione dei crediti di impresa di cui alla legge n. 52/1991, integra sempre gli estremi di un mezzo anormale di pagamento, indipendentemente dalla certezza di esazione del credito ceduto; ne consegue la presunzione della conoscenza dello stato di insolvenza in capo al cessionario, che può vincere tale presunzione non con una prova diretta dell’insussistenza dello stato di insolvenza, che rappresenta solo da un punto di vista logico un presupposto dell’azione, ma con la prova di circostanze tali da fare ritenere ad una persona di ordinaria prudenza ed avvedutezza che l’imprenditore si trovava in una situazione di normale esercizio dell’impresa.