Archivio mensile:dicembre 2013

Anche l’associazione non riconosciuta decide tramite assemblea

Cass. Sez. I., 8.11.2013 n. 25210

Stato e capacità delle persone – persone giuridiche – associazione non riconosciuta

I rapporti giuridici facenti capo a un’associazione non riconosciuta non appartengono ai singoli associati in regime di comproprietà ma alla medesima associazione che, specialmente dopo la riforma dell’art. 2659 cc, ha acquistato una propria soggettività. Pertanto, nonostante la disposizione contenuta nell’art. 36 cc secondo cui le associazioni non riconosciute sono regolate dagli accordi degli associati, queste si modellano, secondo un principio generale e costante, con una struttura organizzativa che non può prescindere dalla esistenza, accanto agli organi esecutivo e rappresentativo, di un organo deliberante (assemblea) formato da tutti i membri od associati e che esprime la volontà dell’associazione stessa.

La notifica fatta da Equitalia per posta è valida anche senza l’identificazione del ricevente

Cass. Sez. Trib., 8.11.2013 n. 25128

Diritto tributario – atto pubblico – querela di falso

La cartella esattoriale può essere notificata, ex art. 26 del DPR 29.9.1973 n. 602, direttamente dal Concessionario con raccomandata con avviso di ricevimento; in questo caso è sufficiente che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario; il postino deve solo curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione firmi sul registro di consegna della corrispondenza e sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente; quindi se sull’avviso di ricevimento manchino le generalità della persona a cui l’atto è stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma, e la firma non sia leggibile, l’atto è ugualmente valido poiché la relazione tra il destinatario e chi ha ricevuto il plico è accertata dal postino e l’avviso di ricevimento è un atto pubblico le cui risultanze sono impugnabili solo con la querela di falso.

Le dichiarazioni confessorie sul CID non vincolano il giudice ma sono solo liberamente apprezzate

Cass. Sez. III, 7.11.2013 n. 25047

Diritto della responsabilità civile extracontrattuale – responsabilità civile da circolazione stradale

Nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore della responsabilità civile da circolazione stradale, il responsabile del danno deve esservi chiamato sin dall’inizio poiché la controversia deve svolgersi in maniera unitaria tra i tre soggetti coinvolti (danneggiato, assicuratore e responsabile del danno). La dichiarazione confessoria contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (CID), resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, applicandosi l’art. 2733/3 cc secondo il quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice.

L’incapacità del testatore va dimostrata

Cass. Sez. VI, 6.11.2013 n. 24881

Diritto delle successioni – testamento

L’incapacità naturale del disponente che – ex art. 591 cc – determina l’invalidità del testamento non si identifica in una generica alterazione del normale processo di formazione ed estrinsecazione della volontà ma richiede che, a causa dell’infermità, il soggetto, al momento della redazione del testamento, sia assolutamente privo della coscienza del significato dei propri atti e della capacità di autodeterminarsi, così da versare in condizioni analoghe a quelle che, con il concorso dell’abitualità, legittimano la pronuncia di interdizione. Spetta a chi afferma quello stato di incapacità che il testamento fu redatto in un momento di incapacità di intendere e di volere (come previsto dall’art. 591/2 n. 3 cc). In questo caso il giudice di merito non può, in particolare, ignorare il contenuto del testamento e gli elementi di valutazione da esso desumibili, in relazione alla serietà, normalità e coerenza dalle disposizioni nonché ai sentimenti ed ai fini che risultano averlo ispirato.

Anche l’acquirente di un immobile può agire contro l’appaltatore per i difetti del fabbricato

Cass. Sez. II, 6.11.2013 n. 25015

Diritto delle obbligazioni e dei contratti – appalto

L’azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, prevista dall’art. 1669 cc, può essere esercitata non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente contro il venditore che abbia costruito l’immobile sotto la propria responsabilità, qualora lo stesso venditore abbia assunto, nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti, una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell’opera, e sempre che si tratti di gravi difetti, i quali, al di fuori dell’ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell’edificio, pregiudichino o menomino in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l’abitabilità del medesimo.

Ascensore rumoroso? Vanno valutati i decibel

Cass. Sez. II, 6.11.2013 n. 25019

Diritto immobiliare – comunione e condominio

I limiti massimi di esposizione al rumore previsti nel D.P.C.M. 1.3.1991, sebbene dettati per la tutela generale del territorio, possono essere utilizzati come parametro di riferimento per stabilite l’intensità e quindi la soglia di tollerabilità delle immissioni rumorose nei rapporti tra privati purché però siano considerati come un limite minimo e non massimo, dato che i suddetti parametri sono meno rigorosi di quelli applicabili nei singoli casi ai sensi dell’art. 844 cc, con la conseguenza che il loro superamento è di per sé idoneo a determinare la violazione di tale norma.

Diventa cieca dopo un intervento alla cataratta: colpa del medico

Cass. Sez. III, 5.11.2013 n. 24801

Diritto delle obbligazioni e dei contratti – responsabilità medica

Si ha responsabilità della struttura sanitaria anche se a eseguire l’intervento sia un medico di fiducia del paziente; basta che la scelta cada (anche tacitamente) su un professionista inserito nella struttura sanitaria; lo stesso se la scelta è fatta da questa con il consenso (anche tacito) del paziente.
Il paziente – creditore deve solo provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato. La struttura sanitaria e il medico – debitori, invece devono provare che tale inadempimento non c’è stato o che, pur esistendo, non c’è nesso di causalità tra questo e il danno subito dal paziente. Ciò perché costoro hanno maggiore possibilità di dare questa prova, perché la prestazione sanitaria consiste nell’applicazione di regole tecniche sconosciute al paziente.
Il medico è tenuto a una prestazione secondo la diligenza professionale qualificata dalla specifica attività esercitata ex artt. 1176/2 e art. 2236 cc e va distinta una diligenza professionale generica e una diligenza variamente qualificata, perché uno specialista è tenuto alla perizia che è propria della sua categoria specialistica per la quale si richiede la specifica conoscenza e applicazione di cognizioni tecniche tipiche della specializzazione. La condotta del medico specialista va così esaminata con maggior rigore per la responsabilità professionale, per la peculiare specializzazione e per la necessità di adeguare la condotta alla natura ed al livello di pericolosità della prestazione.

Il contratto concluso con sé stesso è annullabile se …

Cass. Sez. VI, 4.11.2013 n. 24674

Diritto delle obbligazioni e dei contratti – annullamento del contratto

In tema di annullabilità del contratto concluso dal rappresentante con sé stesso l’autorizzazione data dal rappresentato al rappresentante a concludere il contratto con sé stesso può considerarsi idonea ad escludere la possibilità di un conflitto di interessi e quindi l’annullabilità del contratto, se sia accompagnata dalla puntuale determinazione degli elementi negoziali sufficienti ad assicurare la tutela del rappresentato; ne consegue che tale autorizzazione non è idonea quando risulti generica, non contenendo alcuna indicazione in ordine al prezzo della compravendita, che impedisca eventuali abusi da parte del rappresentante. La conseguenza è che la validità del contratto è legata alla indicazione, nella procura, dei requisiti minimi negoziali perché altrimenti l’interesse perseguito non sarebbe più quello del rappresentato, ma quello del rappresentante.