Archivio mensile:novembre 2015

Per la liquidazione del danno non patrimoniale si applicano le cd. “Tabelle Milanesi”

Cass. Sez. III, 15.10.2015 n. 20895

Diritto della responsabilità civile extracontrattuale – sinistro stradale – danno non patrimoniale – liquidazione

Nella liquidazione del danno non patrimoniale, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, non è consentita la liquidazione equitativa c.d. pura, che non faccia riferimento a criteri obiettivi di liquidazione del danno che tengano conto ed elaborino le differenti variabili del caso concreto, allo scopo di rendere verificabile a posteriori l’iter logico attraverso cui il giudice di merito sia pervenuto alla relativa quantificazione, e di permettere di verificare se e come abbia tenuto conto della gravità del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell’entità della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d’animo. Per garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, tra i criteri in astratto adottabili deve ritenersi preferibile il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano al quale la S.C., in applicazione dell’art. 3 Cost., riconosce la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno non patrimoniale alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 cod. civ., salvo che non sussistano in concreto circostante idonee a giustificarne l’abbandono.

Il danno da fermo tecnico non si presume ma va allegato e provato

Cass. Sez. III, 14.10.2015 n. 20620

Diritto della responsabilità civile extracontrattuale – sinistro stradale – fermo tecnico – dimostrazione – necessità

Il danno da fermo tecnico non può considerarsi sussistente in re ipsa, quale conseguenza automatica dell’incidente. Esso può essere risarcito soltanto al cospetto “di esplicita prova” non solo del fatto che il mezzo non potesse essere utilizzato, ma anche del fatto che il proprietario avesse davvero necessità di servirsene, e sia perciò dovuto ricorrere a mezzi sostitutivi, ovvero abbia perso l’utilità economica ce ritraeva dall’uso dei mezzo.

Il concordato preventivo di gruppo non è ammissibile e ogni società deve chiedere l’ammissione al proprio tribunale

Cass. Sez. I, 13.10.2015 n. 20559

Diritto fallimentare – concordato preventivo – gruppo societario – domanda unica – inammissibilità

L’art. 161, 1 comma, l.f. non prevede l’attrazione degli altri fori a favore di quello della capogruppo, o di altro foro, allorché le società coinvolte abbiano sede legale in circondari diversi: donde il principio secondo cui la competenza ad accertare lo stato di insolvenza appartiene al tribunale del luogo in cui la singola impresa ha la sede principale, senza che tale criterio possa derogarsi per ragioni di connessione con altre procedure relative a società diverse facenti parte di un gruppo.

La clausola di tacito rinnovo del contratto è potenzialmente vessatoria

Cass. Sez. VI, 12.10.2015 n. 20402

Diritto delle obbligazioni e contratti – rinnovo tacito – clausole vessatorie

Le clausole di proroga tacita o di rinnovazione del contratto, se predisposte dal contraente più forte nell’ambito di un contratto per adesione, rientrano tra quelle sancite a carico del contraente aderente e sono, pertanto, prive di efficacia, a norma dell’art. 1341, secondo comma, cod. civ., qualora non siano specificamente approvate per iscritto dal contraente aderente, anche quando hanno carattere di reciprocità e bilateralità.

L’entità dei debiti dell’impresa fallita si valuta al momento della dichiarazione di fallimento e non della presentazione dell’istanza

Cass. Sez. I, 9.10.2015 n. 20296

Diritto fallimentare – istanza di fallimento – debiti dell’impresa fallita – esigibilità

La scadenza dei debiti che rileva è quella maturata al momento della decisione, non al momento della presentazione della istanza di fallimento.

Anche gli assegni contraffatti possono essere titoli di credito

Cass. Sez. I, 7.10.2015 n. 20108

Diritto delle obbligazioni e contratti – titoli di credito – assegno – contraffazione – validità

L’avvenuta redazione dei titoli posti all’incasso su moduli illecitamente sottratti ed abusivamente riempiti non esclude infatti la possibilità di qualificarli come assegni, ove gli stessi siano provvisti dei requisiti formali prescritti dall’art. 1 del regio decreto n. 1669 del 1933, la cui falsità è irrilevante per l’esistenza del titolo di credito in quanto tale, risultando a tal fine sufficiente la mera apparenza della loro genuinità o veridicità.

Come si ripartisce l’onere della prova nelle cause relative al pagamento di indebito

Cass. Sez. III, 6.10.2015 n. 19902

Diritto della responsabilità civile extracontrattuale – pagamento di indebito – onere della prova – ripartizione

Nel giudizio di indebito oggettivo l’attore può invocare sia l’invalidità, sia l’inesistenza d’un titolo giustificativo del pagamento. Nel primo caso, ha l’onere di provare che il titolo del pagamento sia invalido; nel secondo caso ha il solo onere di allegare (ma non di provare, essendo impossibile) l’inesistenza di qualsiasi titolo giustificativo del pagamento, e sarà onere del convenuto dimostrare che il pagamento era sorretto da una giusta causa. Nell’uno come nell’altro caso, tuttavia, deve escludersi che l’attore possa limitarsi a dichiarare di ignorare se il pagamento abbia o non abbia un titolo giustificativo, giacché in tale ipotesi l’atto di citazione sarebbe nullo per mancanza della causa petendi.

Quali sono le azioni che spettano all’utilizzatore del bene in leasing verso il venditore

Cass. Sez. Un., 5.10.2015 n. 19785

Diritto delle obbligazioni e contratti – leasing – azioni contro il venditore – legittimazione

In tema di vizi della cosa concessa in locazione finanziaria che la rendano inidonea all’uso, occorre distinguere l’ipotesi in cui gli stessi siano emersi prima della consegna (rifiutata dall’utilizzatore) da quella in cui siano emersi successivamente alla stessa perché nascosti o taciuti in mala fede dal fornitore. Il primo caso va assimilato a quello della mancata consegna, con la conseguenza che il concedente, in forza del principio di buona fede, una volta informato della rifiutata consegna, ha il dovere di sospendere il pagamento del prezzo in favore del fornitore e, ricorrendone i presupposti, di agire verso quest’ultimo per la risoluzione del contratto di fornitura o per la riduzione del prezzo. Nel secondo caso, l’utilizzatore ha azione diretta verso il fornitore per l’eliminazione dei vizi o la sostituzione della cosa, mentre il concedente, una volta informato, ha i medesimi doveri di cui al precedente caso. In ogni ipotesi, l’utilizzatore può agire contro il fornitore per il risarcimento dei danni, compresa la restituzione della somma corrispondente ai canoni già eventualmente pagati al concedente.

Per valutare la gratuità dell’atto si guarda la causa concreta

Cass. Sez. I, 2.10.2015 n. 19726

Diritto fallimentare – azione revocatoria – atto a titolo gratuito – condizioni

Ai fini dello accertamento della gratuità dell’atto, richiede una valutazione della sua causa concreta, intesa come sintesi degli effetti che lo stesso è diretto a realizzare, al di là dell’astratto modello legale, escludendo pertanto l’onerosità del pagamento di un debito altrui effettuato dall’imprenditore successivamente fallito, ogni qualvolta dall’operazione compiuta quest’ultimo non tragga nessun vantaggio patrimoniale, non ricevendo alcuna controprestazione dal debitore, dal creditore o da altri soggetti, in modo tale da recuperare anche indirettamente la prestazione adempiuta ed elidere quindi quel pregiudizio cui l’ordinamento pone rimedio attraverso l’inefficacia ex lege.

Il mutuo fondiario stipulato per ripianare perdite pregresse è revocabile

Cass. Sez. I, 2.10.2015 n. 19710

Diritto bancario – mutuo fondiario – revocatoria – condizioni

La stipulazione di un mutuo ipotecario non destinato a procurare un’effettiva disponibilità al mutuatario, ma solo a garantire una precedente esposizione di quest’ultimo o di terzi, attraverso l’erogazione di somme poi rifluite, in forza di precedenti accordi e prefinanziamenti, nelle casse della banca mutuante per il tramite di un terzo, da luogo ad un’ipotesi di collegamento funzionale tra negozi che, in quanto avente come finalità la costituzione di una garanzia a favore di crediti chirografari preesistenti, in violazione della par condicio credito rum, giustifica, in caso di fallimento del debitore, la dichiarazione d’inefficacia dell’ipoteca, ai sensi dell’art. 67, primo comma, n. 3 della legge fall.