Archivio mensile:agosto 2015

In materia di demolizione di costruzioni non a distanza non vale il risarcimento dei danni per equivalente

Cass. Sez. II, 16.7.2015 n. 14916

Diritto immobiliare – distanze legali – risarcimento per equivalente – sostituzione della demolizione – inammissibilità

L’art. 2058, secondo comma, cod. civ., che prevede la possibilità di ordinare il risarcimento del danno per equivalente anziché la reintegrazione in forma specifica, in caso di eccessiva onerosità di quest’ultima, non trova applicazione nelle azioni intese a far valere un diritto reale la cui tutela esige la rimozione del fatto lesivo, come quella diretta ad ottenere la riduzione in pristino per violazione delle norme sulle distanze, atteso il carattere assoluto del diritto leso.

Il risarcimento del danno per il ritardo nella consegna del bagaglio

Cass. Sez. III, 14.7.2015 n. 14667

Diritto delle obbligazioni e contratti – trasporto aereo – danni da ritardata consegna del bagaglio – quantificazione

Ai sensi della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 (recante l’unificazione di alcune norme sul trasporto aereo internazionale), ove il vettore aereo internazionale si renda responsabile del ritardo nella consegna al passeggero del proprio bagaglio (art. 19 della Convenzione), la limitazione della responsabilità risarcitoria dello stesso vettore fissata (nella misura di 1000 diritti speciali di prelievo per passeggero) dall’art. 22, n. 2, della Convenzione opera in riferimento al danno di qualsiasi natura patito dal passeggero medesimo e, dunque, sia nella sua componente meramente patrimoniale, che in quella non patrimoniale, da risarcirsi, quest’ultima, (allorquando, come nella specie, trovi applicazione il diritto interno) ai sensi dell’art. 2059 cod. civ., come conseguenza seria della lesione grave di diritti inviolabili della persona, costituzionalmente tutelati.

Il nuovo art. 360 n. 5 cpc non consente più un sindacato sulla motivazione

Cass. Sez. Un., 10.7.2015 n. 14477

Diritto processuale civile – ricorso per cassazione – art. 360 n. 5 cpc – condizioni

La riformulazione dell’art. 360 n. 5 cpc, deve essere interpretata come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità. Il nuovo testo dell’art. 360 n. 5 cpc, introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo. L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

La tutela riservata al consumatore si applica anche al gioco d’azzardo?

Corte Cass., VI sez., 8.7.2015, n. 14288

Tutela del consumatore – contratti aleatori

Considerato che l’attività svolta dalla società concessionaria delle video lotterie va propriamente qualificata come prestazione di servizi ex art. 49 Trattato CE, la Suprema Corte giunge ad affermare l’applicabilità della disciplina di tutela dei consumatori ai contratti aleatori. Trattasi di disciplina funzionalmente volta a tutelare il consumatore a fronte della unilaterale predisposizione ed imposizione del contenuto contrattuale da parte del professionista, quale possibile fonte di abuso, sostanziandosi nella preclusione per il consumatore della possibilità di esplicare la propria autonomia contrattuale, nella sua fondamentale espressione rappresentata dalla libertà di determinazione del contenuto del contratto.

La perdita del capitale sociale impone la messa in liquidazione della società cooperativa

Cass. Sez. I, 8.7.2015 n. 14262

Diritto societario – amministratori – responsabilità – condizioni

La mancata informativa da parte dell’amministratore circa le sopravvenienze passive, l’omessa svalutazione dei crediti sociali e il mancato stanziamento del fondo rischi costituiscono condotta illecita e tali omissioni e inadempimenti, qualora siano il presupposto per la mancata attivazione dell’amministratore per lo scioglimento della società per perdita del capitale sociale cui era invece tenuto in base al disposto dell’art. 2545 duodecies del codice civile, comportano una sua responsabilità nella gestione societaria, per il periodo successivo alla conoscenza, da parte dell’amministratore stesso, della esistenza di un patrimonio netto negativo.

Il credito IVA del professionista non è prededucibile

Cass. Sez. I, 3.7.2015 n. 13771

Diritto fallimentare – credito per prestazioni professionali – IVA – prededucibilità – infondatezza

Il credito di rivalsa IVA di un professionista che, eseguite prestazioni a favore di imprenditore poi dichiarato fallito ed ammesso per il relativo capitale allo stato passivo in via privilegiata, emetta la fattura per il relativo compenso in costanza di fallimento (per esempio a seguito del pagamento ricevuto in esecuzione di un riparto parziale), non è qualificabile come credito di massa, da soddisfare in prededuzione ai sensi dell’art. 111, primo comma, L.F., in quanto la disposizione dell’art. 6 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, secondo cui le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo, non pone una regola generale rilevante in ogni campo del diritto, ma individua solo il momento in cui l’operazione è assoggettabile ad imposta e può essere emessa fattura (in alternativa al momento di prestazione del servizio), cosicché, in particolare, dal punto di vista civilistico la prestazione professionale conclusasi prima della dichiarazione di fallimento resta l’evento generatore anche del credito di rivalsa IVA, autonomo rispetto al credito per la prestazione, ma ad esso soggettivamente e funzionalmente connesso; il medesimo credito di rivalsa, non essendo sorto verso la gestione fallimentare, come spesa o credito dell’amministrazione o dall’esercizio provvisorio, può giovarsi del solo privilegio speciale di cui all’art. 2758, secondo comma, cc, nel caso in cui sussistano beni – che il creditore ha l’onere di indicare in sede di domanda di ammissione al passivo – su cui esercitare la causa di prelazione; nel caso, poi, in cui detto credito non trovi utile collocazione in sede di riparto, nemmeno è configurabile una fattispecie di indebito arricchimento, ai sensi dell’art. 2041 cc, in relazione al vantaggio conseguibile dal fallimento mediante la detrazione dell’IVA di cui alla fattura, poiché tale situazione è conseguenza del sistema di contabilizzazione dell’imposta e non di un’anomalia distorsiva del sistema concorsuale.

Il terzo può dare la prova della interposizione fittizia senza limiti

Cass. Sez. VI, 2.7.2015 n. 13634

Diritto delle obbligazioni e contratti – interposizione fittizia di persona – prova per testimoni o presunzioni – ammissibilità

In tema di compravendita di immobile, la prova della interposizione fittizia – che si ha quando la proprietà del bene viene simulatamente intestata a persona diversa dall’effettivo acquirente, con la partecipazione del venditore, il quale è consapevole che il vero compratore è un terzo, nei cui confronti assume diritti ed obblighi – è soggetta (rientrando pur sempre fra i casi di simulazione relativa) ai limiti di cui all’art. 1417 cod. civ., nel senso che l’accordo simulatorio deve necessariamente risultare da atto scritto, se fatto valere nei rapporti tra le parti, mentre può essere pro­vato mediante testimoni o presunzioni solo se fatto valere da terzi o da creditori, oppure se viene dedotta l’illiceità del negozio dissimulato.

Per la revocazione del pegno rotativo si guarda la data di stipula originaria

Cass. Sez. I, 1.7.2015 n. 13508

Diritto fallimentare – azione revocatoria – pegno rotativo – condizioni

Il patto di rotatività del pegno si attua mediante una fattispecie a formazione progressiva che trae origine dall’accordo scritto e di data certa delle parti, cui segue la sostituzione dell’oggetto del pegno, senza necessità di ulteriori stipulazioni e con effetti ancora risalenti alla consegna dei beni originariamente dati in pegno, a condizione che nella convenzione costitutiva tale possibilità di sostituzione sia prevista espressamente, e purché il bene offerto in sostituzione non abbia un valore superiore a quello sostituito; ne consegue, ai fini dell’esperibilità dell’azione revocatoria fallimentare, che la continuità dei rinnovi fissa la genesi del diritto reale di garanzia al momento della stipulazione originaria e non a quello successivo della sostituzione. La sostituzione pertanto costituisce soltanto il meccanismo attuativo della prevista rotatività, senza determinare alcun effetto novativo del rapporto e la certezza della data, pertanto, va riferita solo alla convenzione originaria prevedente la sostituzione e non già alla scrittura o alle scritture con le quali la stessa in concreto si attui.