Archivio mensile:agosto 2015

L’ammissione al passivo per i crediti successivi alla sentenza di fallimento non deve rispettare il termine dell’art. 101 LF

Cass. Sez. I, 31.7.2015 n. 16218

Diritto fallimentare – crediti successivi – insinuazione allo stato passivo – termini

L’insinuazione al passivo dei crediti sorti in data successiva alla dichiarazione del fallimento non è soggetta al termine di decadenza di cui all’art. 101, commi primo ed ultimo, legge fallim.

La differenza tra contratto autonomo di garanzia e fideiussione

Cass. Sez. I, 31.7.2015 n. 16213

Diritto bancario – fideiussione – contratto autonomo di garanzia – distinzione

La differenza tra contratto autonomo di garanzia e fideiussione è che il carattere distintivo della prima figura è costituito dall’assenza dell’elemento dell’accessorietà della garanzia, derivante dall’esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga alla regola essenziale posta per la fideiussione dall’art. 1945 cod. civ., e dalla conseguente preclusione della legittimazione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché della proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento da quest’ultimo effettuato.

Quando l’istituto di vigilanza risponde per il furto subito

Cass. Sez. III, 30.7.2015 n. 16195

Diritto delle obbligazioni e contratti – contratto di vigilanza – inadempimento – danni

In mancanza di diversa disposizione contenuta nel contratto, la responsabilità dell’istituto di vigilanza che abbia omesso di adottare le misure convenute o comunque necessarie a sventare tempestivamente il furto si estende all’intero contenuto dell’abitazione da proteggere ed obbliga il responsabile al risarcimento dei danni, commisurati al valore dei beni danneggiati o sottratti, siano questi di proprietà del contraente, o di taluno dei componenti del suo nucleo familiare o con lui conviventi, od anche di proprietà di terzi, nei confronti dei quali il contraente possa essere chiamato a rispondere.

Quale è l’ambito di protezione del marchio?

Cass. Sez. I, 28.7.2015 n. 15840

Diritto industriale – marchio – tutela – ambito

Il marchio è un contrassegno indicativo della provenienza di un prodotto o di un servizio da una determinata impresa industriale o commerciale. L’azione di contraffazione del marchio d’impresa ha natura reale, e tutela il diritto assoluto all’uso esclusivo del segno come bene autonomo, sulla base del riscontro della confondibilità dei marchi, mentre prescinde dall’accertamento della effettiva confondibilità tra prodotti e delle concrete modalità di uso del segno, accertamento riservato, invece, al giudizio di concorrenza sleale.
Azione di contraffazione e azione di nullità hanno invece un comune presupposto nella confondibilità dei marchi in conflitto. Ciò che rileva ai fini della tutela del marchio, infatti, è il suo significato di indicazione della provenienza di un prodotto o di un servizio da una determinata impresa; e questo significato del contrassegno può dipendere non solo dal significato proprio delle parole che eventualmente lo compongano, ma anche dal contesto cromatico e grafico e fonetico della comunicazione in cui esso si esprime. Per questa ragione l’accertamento sulla confondibilità dei segni non deve essere compiuto in via analitica, attraverso la separata considerazione dei singoli elementi di valutazione ma in via globale e sintetica, vale a dire con riguardo all’insieme degli elementi salienti grafici, visivi e fonetici, intendendosi con quest’ultimo termine tutti gli effetti acustici (cioè auditivi, fonici) delle espressioni usate, in relazione al normale grado di percezione delle persone alle quali il prodotto è destinato.

La ricezione delle chiavi da parte del conduttore non costituisce rinuncia alla indennità da parte del locatore

Cass. Sez. III, 27.7.2015 n. 15679

Diritto immobiliare – locazione – recesso – preavviso – indennità – rinuncia – condizioni

La mera accettazione in restituzione delle chiavi dell’immobile locato non significa di per sé che il locatore abbia rinunciato al pagamento del corrispettivo per l’intera durata del periodo di preavviso al quale avrebbe avuto diritto per legge.

La morte dell’avvocato fa venire meno l’elezione di domicilio a meno che non esista uno studio che sopravvive

Cass. Sez. I, 24.7.2015 n. 15558

Diritto processuale civile – morte dell’avvocato – elezione di domicilio – notifica – inammissibilità

La morte del domiciliatario produce l’inefficacia della dichiarazione di elezione di domicilio e la necessità che la notificazione dell’impugnazione sia eseguita, a norma dell’art. 330, terzo comma, cod. proc. civ., alla parte personalmente. Tale principio trova deroga nella ipotesi in cui l’elezione di domicilio sia stata fatta presso lo studio di un professionista e l’organizzazione di tale studio gli sopravviva, dovendosi in questo caso considerare lo studio del professionista alla stregua di un ufficio. Tuttavia, allorquando dalla dichiarazione di elezione risulti che lo studio è indicato come quello proprio di una individuata persona, professionista o meno, la dichiarazione stessa diviene inefficace a seguito della morte del domiciliatario, in quanto in tal caso l’elezione di domicilio deve ritenersi fatta non con riferimento alla organizzazione in sé, indipendentemente dalla persona del domiciliatario, ma al luogo in cui questi è reperibile, attribuendo quindi rilievo all’elemento personale e non a quello oggettivo; ove, peraltro, l’organizzazione del procuratore continui ad operare dopo la sua morte, la notificazione eseguita presso lo studio deve ritenersi nulla e non inesistente.

Se al proprietario viene eccepita l’usucapione, è sufficiente che lui provi un proprio titolo valido di acquisto

Cass. Sez. II, 23.7.2015 n. 15539

Diritto immobiliare – rivendica – eccezione di usucapione – prova

In tema di azione di rivendicazione, qualora il convenuto sostenga – in via riconvenzionale o in via di eccezione – di aver acquistato per usucapione la proprietà del bene rivendicato, l’onere probatorio posto a carico dell’attore in rivendicazione si attenua, riducendosi alla prova di un valido titolo di acquisto da parte sua e dell’appartenenza del bene ai suoi danti causa in epoca anteriore a quella in cui il convenuto assuma di aver iniziato a possedere, nonché alla prova che quell’appartenenza non è stata interrotta da un possesso idoneo ad usucapire da parte del convenuto.

Il danno tanatologico immediato non è risarcibile

Cass. Sez. Un., 22.7.2015 n. 15350

Diritto della responsabilità civile extracontrattuale – danno tanatologico immediato – risarcimento del danno – impossibilità

Nel caso di morte immediata o che segua entro brevissimo lasso di tempo alle lesioni si ritiene che non possa essere invocato un diritto al risarcimento del danno iure hereditatis.

Le clausole derogatorie della competenza inserite in un contratto bancario sono valide

Cass. Sez. VI, 21.7.2015 n. 15278

Diritto bancario – contratti bancari – clausole vessatorie – forma

Premesso che le clausole dei contratti stipulati dalla banca con i propri clienti normalmente rientrano nella fattispecie di cui agli artt. 1341 e 1342 cc, trattandosi di clausole derogatorie della competenza inserite in contratti di adesione predisposti dalla banca per una molteplicità indistinta di contraenti, la designazione convenzionale di un foro territoriale assume carattere di esclusività solo in caso di pattuizione espressa, la quale, pur non dovendo rivestire formule sacramentali, deve comunque risultare da una inequivoca e concorde manifestazione di volontà delle parti volta ad escludere la competenza degli altri fori previsti dalla legge. Queste clausole, che sono vessatorie all’interno del contratto, devono rispettare il requisito della specifica approvazione per iscritto, disposto dall’art. 1341 cc, e cioè devono essere indicate specificamente in maniera idonea (quanto meno col numero o la lettera che le contraddistingue) a suscitare l’attenzione del sottoscrittore senza necessità di trascrizione integrale del contenuto della clausola, essendo sufficiente il richiamo, mediante numero o titolo, alla clausola stessa, in quanto in tal modo si permette al sottoscrittore di conoscerne il contenuto.

Chi chiede la condanna al pagamento di una somma pari al veicolo nuovo deve dimostrare di avere rottamato quello sinistrato

Cass. Sez. VI, 17.7.2015 n. 15087

Diritto della responsabilità civile extracontrattuale – sinistri stradali – risarcimento del danno – prova della demolizione – necessità

Qualora un soggetto danneggiato da un sinistro stradale affermi che non convenga riparare il proprio veicolo, chieda la condanna della controparte al pagamento di un veicolo nuovo della stessa specie e produca il preventivo delle riparazioni del proprio veicolo, questo documento può essere considerato soltanto la prova per dimostrare la eventuale antieconomicità delle riparazioni, ovverosia che per riparare il veicolo sarebbe necessaria una somma pari al prezzo di acquisto di un veicolo nuovo dello stesso tipo; per la corresponsione di un danno patrimoniale pari al prezzo di acquisto di un motociclo nuovo è infatti indispensabile la prova della rottamazione del veicolo danneggiato. In altre parole delle due l’una: o il danneggiato produce il preventivo e fa eseguire le riparazioni, richiedendo poi quanto speso a tale fine, oppure dispone la demolizione del veicolo e chiede la liquidazione del valore del motociclo stesso. La demolizione è fatto costitutivo della pretesa che è onere del richiedente i danni dimostrare.