Archivio mensile:luglio 2014

Qualora il contratto sia sospensivamente condizionato non si può chiedere la sua risoluzione

Cass. Sez. II, 19.6.2014 n. 14006

Diritto delle obbligazioni e contratti – condizione – mancato avveramento – risoluzione – inefficacia

Il contratto sottoposto a condizione sospensiva si perfeziona immediatamente ma è inefficace fino a quando la condizione non si avvera e cioè l’efficacia di tale contratto è paralizzata durante la pendenza del termine per il verificarsi della condizione.
Tale contratto fa sorgere diritti ed obblighi preliminari che possono dar luogo a risoluzione per inadempimento in caso di comportamento contrario a buona fede dell’altra parte che impedisca l’avveramento della condizione. Al di fuori di questo caso, l’eventuale domanda di risoluzione per inadempimento delle obbligazioni rispettivamente assunte dalle parti con il contratto sottoposto a condizione sospensiva deve essere rigettata nel caso in cui la condizione non si sia verificata. Intanto si può parlare di inadempimento contrattuale in quanto sussista un contratto efficace: il mancato avveramento della condizione impedisce al contratto di produrre i propri effetti con conseguente impossibilità di parlare di inadempimento.

Anche il progettista può rispondere con l’appaltatore per i gravi difetti dell’opera

Cass. Sez. II, 18.6.2014 n. 13882

Diritto delle obbligazioni e contratti – appalto – responsabilità ex art. 1669 cc – progettista

Quando l’opera eseguita in appalto presenta gravi difetti dipendenti da errata progettazione, il progettista è responsabile, con l’appaltatore, verso il committente, ai sensi dell’art. 1669 cc, a nulla rilevando in contrario la natura e la diversità dei contratti cui si ricollega la responsabilità, perché l’appaltatore ed il progettista, quando con le rispettive azioni od omissioni – costituenti autonomi e distinti illeciti o violazioni di norme giuridiche diverse – concorrono in modo efficiente a produrre uno degli eventi dannosi tipici indicati nell’art. 1669 cc, si rendono entrambi responsabili dell’unico illecito extracontrattuale, e rispondono entrambi, a detto titolo, del danno cagionato. Trattandosi di responsabilità extracontrattuale, specificamente regolata anche in ordine alla decadenza ed alla prescrizione, non spiega alcun rilievo la disciplina dettata dagli artt. 2226, 2330 cc e si rivela ininfluente la natura dell’obbligazione – se di risultato o di mezzi – che il professionista assume verso il cliente committente dell’opera data in appalto.

La prova negativa della simulazione può essere data da tutti con ogni mezzo

Cass. Sez. II, 17.6.2014 n. 13769

Diritto delle obbligazioni e contratti – simulazione – prova – limiti

La regola che impedisce alle parti di provare la simulazione con presunzioni o con testimoni non si applica all’ipotesi in cui le parti medesime vogliano provare che detta simulazione non si sia verificata; in questo caso non esistono limiti probatori, neppure per le parti del contratti simulato.

L’equo indennizzo può essere parametrato solo all’intero giudizio

Cass., Sez. VI, 17.6.2014, n. 13712

Eccessiva durata del processo – equo indennizzo

In tema di equa riparazione ex lege n. 89/2001, allorché il giudizio presupposto sia ancora pendente alla data della proposizione della domanda, il giudice deve valutare la durata complessiva di esso così come svoltosi sino a tale momento, e liquidare l’indennizzo in base alla differenza fra il tempo trascorso e quello, inferiore, che sarebbe stato ragionevole per compiere le medesime attività processuali, operando una giusta proporzione tra quest’ultimo e lo standard temporale di definizione dell’intero giudizio.

Quando la mancanza dell’agibilità del bene locato può essere imputata al proprietario

Cass. Sez. III, 16.6.2014 n. 13651

Diritto immobiliare – locazione – agibilità – mancanza – responsabilità

Il proprietario risponde della mancanza dell’agibilità o dell’abitabilità del bene locato solo solo quando l’inagibilità o l’inabitabilità attengano a carenze intrinseche o dipendano da caratteristiche proprie del bene locato, sì da impedire il rilascio degli atti amministrativi relativi alle dette abitabilità o agibilità e da non consentire l’esercizio lecito dell’attività del conduttore conformemente all’uso pattuito, oppure quando il proprietario abbia assunto l’obbligo specifico di ottenere tali atti. In tutti gli altri casi non ne risponde.

L’assegno divorzile non si cristallizza nell’unica soluzione di pagamento

Cass., Sez. VI, 13.6.2014, n. 13424

Famiglia – assegno divorzile – procedimento di revisione delle condizioni di divorzio

La corresponsione dell’assegno divorzile in unica soluzione, su accordo degli ex coniugi, non pregiudica la possibilità di richiedere, ex art. 9 l. n. 898/1970, la modifica delle condizioni economiche del divorzio per fatti intervenuti, successivamente alla sentenza di divorzio. Il figlio minore, infatti, non partecipa all’accordo e il suo interesse patrimoniale deve tenersi distinto rispetto a quello dei genitori.

Nessun diritto di abitazione per il coniuge separato superstite

Cass., Sez. II, 12.6.2014, n. 13407

Successioni – legittimari – riserva a favore del coniuge – riserva a favore del coniuge separato

Benché la formulazione dell’art. 548, comma 1, c.c. equipari la posizione successoria del coniuge separato senza addebito a quella del coniuge, cui consegua la cessazione della convivenza, con la conseguenza che potrebbe intendersi – ad una prima lettura – che anche a favore del coniuge separato senza addebito debbano riconoscersi i diritti successori sulla casa adibita a residenza familiare, al coniuge separato non spettano i diritti d’abitazione e d’uso sulla casa familiare. Per il coniuge separato (indipendentemente dal disposto dell’art. 548 c.c. che equipara quanto ai diritti successori il coniuge separato senza addebito al coniuge, cui consegua la cessazione della convivenza) vi è l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare, con la conseguenza che tale evento fa venire meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell’attribuzione di cui all’art. 540, comma 2, c.c., vale a dire la convivenza. Rileva ancora la Corte che, se il diritto di abitazione e d’uso in favore del coniuge superstite può avere ad oggetto esclusivamente l’immobile concretamente utilizzato prima della morte del de cuius come residenza familiare, è evidente che l’applicabilità della norma in esame è condizionata all’effettiva esistenza, al momento dell’apertura della successione, di una casa adibita a residenza familiare, non ricorre allorché, a seguito della separazione personale, sia cessato lo stato di convivenza tra i coniugi.

La prescrizione dell’azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare contro gli amministratori decorre dalla conoscibilità dell’insufficienza dell’attivo sociale

Cass. Sez. I, 12.6.2014 n. 13378

Diritto commerciale – Diritto fallimentare – azione di responsabilità – prescrizione – decorrenza

Per l’azione di responsabilità contro gli amministratori promossa dal curatore fallimentare ex art. 146 legge fallimentare, il termine di prescrizione decorre dalla conoscibilità esteriore dell’incapienza patrimoniale, e quindi dell’insufficienza dell’attivo sociale a soddisfare i debiti.
L’insufficienza patrimoniale può rendersi palese prima, dopo, o al momento del fallimento.
Neppure l’insolvenza conclamata, presupposto della dichiarazione di fallimento, può essere automaticamente identificata con l’insufficienza patrimoniale, requisito per l’esercizio dell’azione di responsabilità dei creditori: e ciò, perché l’incapacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni non dipende dall’insufficienza della garanzia patrimoniale generica (art. 2740 cod. civ.), quanto piuttosto dall’impossibilità di ottenere ulteriore credito.
L’onere della prova dell’insufficienza patrimoniale è a carico del curatore ed esiste una presunzione iuris tantum di coincidenza del dies a quo con la dichiarazione di fallimento: salva la prova contraria, a carico dell’amministratore, della diversa data di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale.

Segnaletica stradale e responsabilità degli enti gestori o proprietari

Cass., Sez. III, 12.6.2014, n. 13364

Circolazione stradale – obbligazioni – fatti illeciti – danno cagionato da cose in custodia

In relazione a qualunque tipo di strada, l’ente proprietario o gestore ha sempre la possibilità di collocare la segnaletica prevista dal Codice della Strada, con la conseguenza che, ove si prospetti l’esistenza di un nesso di causalità fra l’inidoneità della segnaletica e un sinistro stradale, non può predicarsi l’esclusione della responsabilità dell’ente, ex art. 2051 c.c., per il solo fatto che la strada sia extraurbana.

Nessun cumulo tra risarcimento e indennizzo

Cass., Sez. III, 11.6.2014, n. 13233

Obbligazioni – assicurazione contro i danni – risarcimento

Il fatto che l’assicurazione contro gli infortuni non mortali sia soggetta alla disciplina della assicurazioni contro i danni comporta la conseguenza che «in caso di infortunio l’assicurato non potrà cumulare l’indennizzo dovuto per effetto di essa con il risarcimento dovuto dal terzo responsabile dell’infortunio