Gli ordini di investimento in prodotti finanziari possono essere anche telefonici e non devono essere provati per atto scritto

Cass. Sez. I, 15.1.2016 n. 612

Diritto finanziario – ordini di acquisto – forma – prova

Premesso che la normativa primaria contenuta nel T.U.F. (D.Lgs.n.58/1998) non contiene alcuna prescrizione di forma per gli ordini conferiti dal cliente in attuazione del c.d. contratto-quadro relativo ai servizi di negoziazione, bensì solo per quest’ultimo, e che quindi del tutto incongruo sarebbe il ritenere che una siffatta prescrizione fosse stata introdotta solo con la normativa regolamentare, deve d’altra parte considerarsi come il significato attribuibile al testo di tali disposizioni (in particolare dell’art. 60 reg. n. 11522/98 che per primo ha introdotto la previsione della registrazione), nella misura in cui si limita ad indicare agli intermediari una condotta da tenere in determinati casi, appare piuttosto da collegare con uno strumento atto a garantire agli intermediari, mediante l’oggettivo ed immediato riscontro della volontà manifestata dal cliente, l’esonero da ogni responsabilità in ordine all’operazione da compiere (in tal senso, cfr. Cass. n. 18140/13 cit.). Deve dunque escludersi che con tali disposizioni regolamentari si sia introdotta un mezzo esclusivo di prova dell’ordine conferito dal cliente, il che esclude anche l’applicabilità della preclusione dettata dall’art. 2725 cc. Pertanto, l’ordine di borsa impartito telefonicamente dal cliente all’operatore bancario e non registrato è valido anche in assenza di attestazione scritta e può essere provato in giudizio anche attraverso presunzioni.