Il leasing traslativo non può prevedere penali eccessive

Cass. Sez. III, 17.1.2014 n. 888

Diritto delle obbligazioni e dei contratti – contratto di leasing – clausola penale

Nel leasing traslativo immobiliare, ove i canoni costituiscono non il corrispettivo del mero godimento del bene, ma il versamento rateale del prezzo, in previsione dell’esercizio finale dell’opzione di acquisto, l’interesse del concedente è quello di ottenere l’integrale restituzione della somma erogata a titolo di finanziamento, con gli interessi, il rimborso delle spese e gli utili dell’operazione, ma non quello di ottenere la restituzione dell’immobile, che normalmente non rientrava fra i beni di sua proprietà alla data della conclusione del contratto, né costituiva oggetto della sua attività commerciale; questo infatti è stato scelto e acquistato presso terzi dall’utilizzatrice in funzione delle sue personali esigenze e solo pagato dalla società di leasing, che se ne è intestata la proprietà esclusivamente in funzione di garanzia della restituzione del finanziamento.
Nel contratto di leasing la riconsegna dell’immobile è insufficiente, quale risarcimento del danno, ove la restituzione del finanziamento non segua e il valore dell’immobile non valga a coprirne l’intero importo. Ma costituisce un quid pluris rispetto all’interesse e ai danni effettivi subiti dal concedente, ove si aggiunga all’integrale restituzione della somma erogata, con i relativi interessi e spese. Pertanto, le clausole contrattuali che attribuiscano alla società concedente il diritto di recuperare, nel caso di inadempimento dell’utilizzatore, l’intero importo del finanziamento ed in più la proprietà e il possesso dell’immobile, attribuiscono alla società stessa vantaggi maggiori di quelli che essa aveva il diritto di attendersi dalla regolare esecuzione del contratto, venendo a configurare gli estremi della penale manifestamente eccessiva.