Il curatore fallimentare per agire in giudizio deve sempre avere l’autorizzazione del giudice delegato

Cass. Sez. III, 16.12.2014 n. 26359

Diritto fallimentare – curatore – azione – autorizzazione giudice delegato – necessità

Il curatore del fallimento, pur essendo l’organo deputato ad assumere la qualità di parte nelle controversie inerenti la procedura fallimentare, non è fornito di una capacità processuale autonoma, bensì di una capacità che deve essere integrata dall’autorizzazione del giudice delegato, che anzi (per come prescrive l’art. 25, n. 6, secondo inciso, della legge fall., come sostituito dall’art. 22, comma 1 d.Lgs. n. 5 del 2006) deve essere rilasciata in relazione a ciascun grado del giudizio, tanto che, in mancanza di specifica autorizzazione per il singolo grado di giudizio, sussiste il difetto di legittimazione processuale, a nulla rilevando la circostanza che il curatore sia stato o meno parte in senso formale nel grado di giudizio precedente in quanto fornito di un’autorizzazione per esso. Inoltre, mentre nelle fasi di merito la mancata produzione dell’autorizzazione del giudice delegato può essere supplita a seguito di invito del giudice che la rilevi ad effettuarla, nel giudizio per cassazione tale possibilità deve escludersi, poiché la normativa non prevede che la Corte di cassazione possa rivolgere alla parte l’invito al deposito dell’autorizzazione. Va, altresì, precisato che la questione della mancata produzione è rilevabile d’ufficio, atteso che attiene alla materia della rappresentanza in giudizio, la cui esistenza, come dimostra proprio l’esistenza del potere ufficioso di cui al secondo comma dell’art. 182, cit., deve essere controllata d’ufficio dal giudice e, quindi, anche dalla Cassazione, inerendo alla legitimatio ad processum che non è disponibile dalle parti.