Cass. Sez. I, 25.9.2017 n. 22280
Diritto fallimentare – fallimento – risoluzione – opponibilità – condizioni
In caso di fallimento della parte inadempiente, l’effetto risolutivo del contratto deve ritenersi già verificato ove la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa sia stata comunicata anteriormente alla data della sentenza di fallimento, spettando il relativo accertamento al giudice delegato in sede di verifica dello stato passivo. Questo principio va tuttavia raccordato con la previsione dell’art. 72, comma quinto, l.fall., che nel caso di domande di risoluzione del contratto che siano state avanzata dal contraente in bonis prima della dichiarazione di fallimento, fa sempre “salva” la disciplina concernente “l’efficacia della trascrizione della domanda”, ai fini della sua opponibilità alla massa dei creditori. Pertanto, nel caso di cessione di una azienda che comprenda anche beni immobili, deve ritenersi che, come è necessario tenere conto delle particolari forme stabilite dalla legge per i singoli beni che compongono l’azienda (art. 2556, primo comma. c.c.) – e quindi adottarsi in presenza di beni immobili l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata -, così ai fini pubblicitari l’atto traslativo dovrà essere sia iscritto nel registro delle imprese (rendendo opponibile ai terzi la cessione dell’azienda in relazione al complesso di beni di natura mobiliare, ivi compresi i crediti, che la compongono), sia trascritto nei registri immobiliari, al fine di assicurarne la prevalenza rispetto a qualunque altro atto avente efficacia reale, che venga successivamente trascritto in relazione al medesimo compendio immobiliare.