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Il divario tra prezzo e valore del bene non è motivo di annullamento del contratto

Cass. Sez. VI, 22.2.2022 n. 5804

Diritto delle obbligazioni e contratti – vendita – prezzo – divario con valore di mercato – annullamento – esclusione

L’errore sulla valutazione economica del bene oggetto del contratto non rientra nella nozione di errore di fatto idoneo a giustificare una pronuncia di annullamento, in quanto non incide sull’identità o sulla qualità della cosa, ma attiene alla sfera dei motivi in base ai quali la parte si è determinata a concludere un certo accordo e al rischio che il contraente si assume, nell’ambito dell’autonomia contrattuale, per effetto delle proprie personali valutazioni sull’utilità economica dell’affare.

La revocatoria è un debito di valuta e non di valore

Cass. Sez. I, 18.2.2022 n. 5495

Diritto della crisi di impresa – fallimento – azione revocatoria – debito di valuta – sussistenza

In tema di azione revocatoria fallimentare, l’obbligazione restitutoria dell’accipiens soccombente ha natura di debito di valuta e non di valore, in quanto l’atto posto in essere dal fallito è originariamente lecito e la sua inefficacia sopravviene solo in esito alla sentenza di accoglimento della domanda, che ha natura costitutiva, avendo ad oggetto un diritto potestativo e non un diritto di credito; ne consegue che pure gli interessi sulla somma da restituirsi decorrono dalla data della domanda giudiziale e che il risarcimento del maggior danno, conseguente al ritardo con cui sia stata restituita la somma di denaro oggetto della revocatoria, spetta solo ove l’attore lo alleghi specificamente e dimostri di averlo subito.

Anche la realizzazione di un pegno è atto revocabile

Cass. Sez. Un., 16.2.2022 n. 5049

Diritto della crisi di impresa – fallimento – azione revocatoria – pegno – riscossione – esperibilità

Il pagamento eseguito dal debitore, successivamente fallito, nel periodo sospetto, così come determinato nell’art. 67, comma 2, l. fall., ove si accerti la scientia decoctionis del creditore, è sempre revocabile anche se effettuato in adempimento di un credito assistito da garanzia reale ed anche se l’importo versato deriva dalla vendita del bene oggetto di pegno.

Il debitore ammesso al concordato preventivo omologato può essere dichiarato fallito senza la risoluzione del concordato

Cass. Sez. Un., 14.2.2022 n. 4696

Diritto della crisi di impresa – fallimento – concordato preventivo – inadempimento – risoluzione – necessità – esclusione

Nella disciplina della legge fallimentare, il debitore ammesso al concordato preventivo omologato che si dimostri insolvente nel pagamento dei debiti concordatari può essere dichiarato fallito, su istanza dei creditori, del Pm o sua propria, anche prima ed indipendentemente dalla risoluzione del concordato ex articolo 186 della legge fallimentare.
Anche per la risoluzione del preliminare serve la forma scritta
Cass. Sez. II, 14.2.2022 n. 4714
Diritto delle obbligazioni e contratti – contratto preliminare – beni immobili – risoluzione – forma scritta – necessità
Il trasferimento, la costituzione o l’estinzione di diritti reali immobiliari, è soggetta al requisito della forma scritta ad substantiam, non soltanto quando il contratto da risolvere sia definitivo, ma anche quando si tratti di contratto preliminare, in quanto anche il contratto preliminare incide, in via mediata, su diritti reali immobiliari, con la conseguenza che anche il contratto solutorio, sciogliendo le parti dagli obblighi assunti con il contratto definitivo, impedisce il verificarsi degli effetti previsti dal contratto definitivo.

Quando si ricorre al criterio della differenza tra attivo e passivo fallimentare per il danno causato dagli amministratori

Cass. Sez. I, 10.2.2022 n. 4347

Diritto societario – società di capitali – amministratori – responsabilità – danno – quantificazione – criteri

Nell’azione di responsabilità promossa dal curatore di fallimento ai sensi dell’art. 146, secondo comma, I.fall. contro l’ex amministratore di una società, poi fallita, che abbia violato il divieto di compiere nuove operazioni sociali dopo l’avvenuta riduzione, per perdite, del capitale sociale al disotto del minimo legale, il giudice, ove, nella quantificazione del danno risarcibile, si avvalga, ricorrendone le condizioni, del criterio equitativo della differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare, temperato dalla espunzione da tale differenza del passivo formatosi successivamente al verificarsi dello scioglimento della società, deve indicare le ragioni per le quali, da un lato, l’insolvenza sarebbe stata conseguenza delle condotte gestionali dell’amministratore e, dall’altro, l’accertamento del nesso di causalità materiale tra queste ultime e il danno allegato sarebbe stato precluso dall’insufficienza delle scritture contabili sociali; e ciò sempre che il ricorso a tale criterio equitativo sia, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile e, comunque, l’attore abbia allegato un inadempimento dell’amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore medesimo.

La responsabilità dei sindaci nelle società di capitali

Cass. Sez. I, 10.2.2022 n. 4344

Diritto societario – società di capitali – sindaci – responsabilità – condizioni

Il sindaco che sia in carica al momento della celebrazione dell’assemblea ordinaria chiamata all’approvazione del bilancio ha un preciso compito di controllo sull’osservanza della legge e di assistenza, ex artt. 2403 e 2405 cc, che può essere svolto in maniera utile ed effettiva solo se egli abbia preso compiuta conoscenza del bilancio.
Diverso è il caso del sindaco che abbia assunto il proprio incarico una volta che il bilancio sia già stato approvato; in questo caso per la violazione del dovere di vigilanza ex art. 2407/2 cc occorre che i sindaci non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l’incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all’assemblea le irregolarità di gestione riscontrate o assumendo le iniziative previste dall’art. 2409 cc.

L’interesse nominale identico a quello effettivo elimina il diritto alla capitalizzazione anatocistica

Cass. Sez. VI, 10.2.2022 n. 4321

Diritto bancario e dei mercati finanziari – contratti bancari – interessi – anatocismo – applicazione – condizioni

La previsione, nel contratto di conto corrente stipulato nella vigenza della Delib. CICR 9 febbraio 2000, di un tasso di interesse creditore annuo nominale coincidente con quello effettivo non dà ragione della capitalizzazione infrannuale dell’interesse creditore, che è richiesta dalla Delib., art. 3, e non soddisfa, inoltre, la condizione posta dall’art. 6 della delibera stessa, secondo cui, nei casi in cui è prevista una tale capitalizzazione infrannuale, deve essere indicato il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione.

Le osservazioni al progetto di stato passivo non costituiscono domande nuove

Cass. Sez. VI, 4.2.2022 n. 3613

Diritto della crisi di impresa – fallimento – accertamento del passivo – progetto di stato passivo – osservazioni – domande nuove – insussistenza

L’art. 95, comma 2, l.fall., consente ai creditori il deposito di osservazioni scritte al progetto di stato passivo e di documenti integrativi fino a cinque giorni prima dell’udienza di discussione dello stato passivo, non costituendo osservazioni e produzioni integrative “domande nuove”.

Per la provvigione al mediatore basta avere messo le parti in relazione tra loro

Cass. Sez. VI, 2.2.2022 n. 3134

Diritto delle obbligazioni e contratti – mediazione – provvigione – diritto – relazione tra le parti – sufficienza

Non è necessario che il nesso eziologico sia immediato e diretto, ma è sufficiente che il mediatore abbia messo in relazione le parti in modo da costituire l’antecedente indispensabile per la conclusione del contratto.

Anche i costi dell’assicurazione vanno compresi nel calcolo del TEGM

Cass. Sez. VI, 1.2.2022 n. 3025

Diritto bancario e dei mercati finanziari – usura oggettiva – TEGM – calcolo – assicurazione – rilevanza

Anche se nei decreti ministeriali sino al d.m. 22 marzo 2002 difetta la rilevazione, anche se separata, della maggiorazione propria degli interessi moratori (avendo tale rilevazione avuto inizio solo a partire dal decreto ministeriale del 25 marzo 2003) “in ragione dell’esigenza primaria di tutela del finanziato, è allora giocoforza comparare il T.e.g. del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori in concreto applicati, con il T.e.g.m. così come in detti decreto rilevato, onde poi sarà il margine, nella legge previsto, di tolleranza a questo superiore, sino alla soglia usuraria, che dovrà offrire uno spazio di operatività all’interesse moratorio lecitamente applicato. Tale ragionamento deve svolgersi anche con riferimento alla mancata rilevazione fino al d.m. del maggio 2009 dei costi assicurativi ai fini del calcolo del T.E.G.M., esclusione che, come sopra già illustrato, quindi non rileva nella determinazione della soglia usuraria del singolo rapporto.