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La vendita nella liquidazione giudiziale con le regole del cpc

Cass. Sez. I, 11.7.2023 n. 19712

Diritto della crisi di impresa – liquidazione giudiziale – programma di liquidazione – vendita – regolamentazione

Nel caso in cui il curatore preveda all’interno del programma di liquidazione che le vendite vengano effettuate secondo le disposizioni del codice di procedura civile, con delega delle operazioni di vendita, si applicano per intero le disposizioni di cui agli artt. 591-bis e 591-ter c.p.c.

L’omologazione del concordato non determina giudicato sull’esistenza e sull’entità dei crediti

Cass. Sez. I, 4.7.2023 n. 18903

Diritto della crisi di impresa – concordato preventivo – omologazione – giudicato – esclusione

La sentenza di omologazione del concordato preventivo non è destinata ad acquistare autorità di giudicato con riguardo all’esistenza, all’entità ed al rango dei crediti fatti valere nella procedura, in considerazione della natura non giurisdizionale del relativo accertamento, al quale si fa luogo mercé sommaria delibazione, volta a consentire il necessario calcolo delle maggioranze. È dunque inammissibile, per difetto di interesse ad impugnare, il ricorso per cassazione avverso il decreto di omologazione del concordato preventivo con il quale il creditore contesti la sua mancata inclusione fra i creditori concorrenti, qualora non risulti provato che la pretesa inclusione avrebbe inciso sulla formazione della maggioranza, ovvero condotto a un diverso esito del voto, determinando la non approvazione del concordato.

La delibera CICR del 9.2.2000 presuppone che ci sia la capitalizzazione dell’interesse creditore

Cass. Sez. I, 3.7.2023 n. 18664

Diritto bancario e dei mercati finanziari – contratti bancari – anatocismo – condizioni

La previsione, nel contratto di conto corrente stipulato nella vigenza della delib. CICR 9 febbraio 2000, di un tasso di interesse creditore annuo nominale coincidente con quello effettivo non dà ragione della capitalizzazione infrannuale dell’interesse creditore, che è richiesta dall’art. 3 della delibera, e non soddisfa, inoltre, la condizione posta dall’art. 6 della delibera stessa, secondo cui, nei casi in cui è prevista una tale capitalizzazione infrannuale, deve essere indicato il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione.

Il decreto di esecutività dello stato passivo costituisce giudicato endoprocedimentale

Cass. Sez. I, 30.6.2023 n. 18591

Diritto della crisi di impresa – liquidazione giudiziale – stato passivo – decreto – giudicato – condizioni

Il creditore concorsuale può denunciare la violazione in sede di riparto del giudicato endofallimentare che si assume essersi formato con l’approvazione dello stato passivo. La natura stessa del giudicato, propria del decreto di approvazione dello stato passivo, ne comporta l’assimilabilità agli elementi normativi della fattispecie ed esclude la possibilità di ricorrere ai criteri ermeneutici dettati per le manifestazioni di volontà negoziale, trovando applicazione i principi dettati dall’art. 12 e ss. disp. prel. c.c.

I beni del fondo patrimoniale non possono essere acquisiti al fallimento ma possono essere aggrediti dai creditori

Cass. Sez. I, 26.6.2023 n. 18164

Diritto della crisi di impresa – liquidazione giudiziale – fondo patrimoniale – beni – acquisizione – esclusione

I beni compresi nel fondo patrimoniale non possono essere acquisiti al fallimento, costituendo un patrimonio separato costituito da un complesso di beni determinati, assoggettati ad una speciale disciplina di amministrazione ed a limiti di alienabilità ed espropriabilità. La locuzione “salvo quanto disposto dall’art. 170 c.c.” va allora interpretata nel senso che i creditori concorsuali potranno autonomamente agire in via esecutiva sui medesimi beni se il debito è stato contratto per i bisogni della famiglia o se ignoravano che era stato contratto per esigenze estranee a tali bisogni.

Per la revocatoria fallimentare non rileva la modifica delle condizioni di pagamento

Cass. Sez. I, 22.6.2023 n. 17949

Diritto della crisi di impresa – liquidazione giudiziale – revocatoria – mezzo di pagamento – condizioni di pagamento – modifica – irrilevanza

In tema di revocatoria fallimentare ex art. 67, comma 1, n. 2), l. fall., la normalità dell’atto estintivo di un debito pecuniario corrisponde a un dato oggettivo da valutarsi alla stregua del fatto che il mezzo di pagamento utilizzato rientri o meno fra quelli comunemente accettati nella pratica commerciale in sostituzione del denaro, mentre non rileva il dato soggettivo dell’intervenuto mutamento delle originarie condizioni contrattuali di pagamento.

La nozione di insolvenza civile è diversa da quella fallimentare

Cass. Sez. II, 16.6.2023 n. 17362

Diritto delle obbligazioni e contratti – insolvenza civile – insolvenza fallimentare – difformità

La nozione d’insolvenza utilizzata all’art. 1274, comma 2, c.c., che esclude la liberazione del debitore originario se il delegato o l’accollante era insolvente al momento dell’assunzione del debito, non è desumibile analogicamente da quella dettata dagli articoli 5 e 67 l.fall., norme improntate al principio della tutela della par condicio creditorum, e non della tutela dell’affidamento del singolo creditore, ma è quella dell’insolvenza civile.

Nella revocatoria fallimentare la data certa dell’apertura di credito non è sostituita dalla comunicazione in centrale rischi

Cass. Sez. I, 15.6.2023 n. 17220

Diritto della crisi di impresa – liquidazione giudiziale – revocatoria fallimentare – apertura di credito – data certa – comunicazione in centrale rischi – irrilevanza

Nel giudizio di revocatoria fallimentare ex art. 67, comma 2, legge fall., le risultanze della Centrale Rischi sono inidonee a conferire data certa ai contratti di apertura di credito, in considerazione della natura unilaterale di tali comunicazioni che le singole banche fanno alla Centrale Rischi della Banca d’Italia, la quale non è tenuta a svolgere alcun controllo sulla verità delle informazioni inviate.

In caso di intestazione fiduciaria di partecipazioni sociali a una catena di soggetti ciascuno risponde dei danni verso il fiduciante

Cass. Sez. I, 15.6.2023 n. 17151

Diritto societario – società di capitali – intestazione fiduciaria di partecipazioni sociali – trasferimento – inadempimento – responsabilità – conseguenze

In caso d’intestazione fiduciaria di partecipazione sociale, sia pure attuata mediante una “catena” di diversi soggetti interposti reali, persone fisiche o giuridiche, la violazione del pactum fiduciae da parte dell’ultimo fiduciario, in concorso con altri soggetti cui questi abbia ritrasferito il bene in luogo del fiduciante, comporta il sorgere dell’obbligo in capo ai medesimi di risarcire il danno, in tal modo cagionato al socio originario che abbia visto leso il suo diritto al ritrasferimento del bene, non ostando alla condanna dei concorrenti nell’illecito, i quali abbiano ottenuto il ritrasferimento indebito in loro favore, la mancata evocazione in giudizio dell’ultimo fiduciario inadempiente, trattandosi di un litisconsorzio facoltativo, in cui il creditore ha facoltà di convenire in giudizio anche solo uno o taluno dei condebitori responsabili.

Per avere il concordato in continuità è necessario che l’azienda sia in esercizio, anche affittata

Cass. Sez. I, 15.6.2023 n. 17092

Diritto della crisi di impresa – concordato preventivo – continuità aziendale – esercizio – presupposto – necessità

Per aversi continuità, occorre che vi sia un’azienda in esercizio: infatti, ai sensi dell’art. 186-bis l.fall., la continuità aziendale è configurabile allorquando vi sia un’azienda in esercizio ed il debitore preveda di continuare a gestirla e/o di cederla a terzi o conferirla in società. Pertanto, la possibilità di accedere ad un concordato in continuità (nel caso in cui l’azienda sia stata già affittata) richiede la necessità che l’azienda sia in esercizio al momento dell’accesso alla procedura, individuando, proprio nel contratto di affitto stipulato prima della proposizione della domanda di concordato (cd. affitto-ponte), uno strumento per garantire la prosecuzione dell’attività per evitare il rischio di irreversibile dispersione che l’arresto anche temporaneo dell’attività comporterebbe.