Cass. Sez. I, 18.9.2013 n. 21331
Diritto di famiglia e minori – Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento
L’Accordo di revisione del Concordato dell’11.2.1929 con la Santa Sede, stipulato a Roma il 18.2.1984 e reso esecutivo con legge 25.3.1985 n. 121, conferma la giurisdizione ecclesiastica sulle cause di nullità del matrimonio religioso, ma non ripropone la “riserva” di tale giurisdizione, che è così abrogata, quindi per le cause inerenti alla nullità del matrimonio concordatario, ci sono la giurisdizione italiana e l’ecclesiastica che concorrono con il criterio della prevenzione; quindi c’è la giurisdizione del giudice italiano se costui sia preventivamente adito.
L’esistenza e la validità del matrimonio sono un presupposto della sentenza di divorzio, ma non formano nel relativo giudizio oggetto di specifico accertamento suscettibile di dare luogo a giudicato. Quindi la sentenza di divorzio, non impedisce la delibabilità della sentenza dei Tribunali ecclesiastici dichiarativa di nullità del matrimonio.
Il coniuge che sia parte in un giudizio di divorzio e che voglia far valere un vizio idoneo a determinare la nullità del matrimonio secondo il diritto canonico, per ottenere che i rapporti patrimoniali con l’ex coniuge siano regolati dagli artt. 129 e 129 bis cc, deve proporre la relativa domanda nel giudizio di divorzio perché altrimenti il capo della sentenza che regola i rapporti patrimoniali fra gli ex coniugi non potrà essere messo in discussione dalla sopravvenuta delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio e, in particolare, la delibazione non potrà essere fatta valere come causa sopravvenuta di modifica delle statuizioni di carattere patrimoniale della sentenza di divorzio.