Scritture contabili da verificare nel concordato per evitare frodi

Cass. Sez. I, 15.10.2013 n. 23387

Diritto Commerciale – Diritto fallimentare – concordato preventivo

Gli atti di frode, presupposto della revoca dell’ammissione al concordato preventivo con il nuovo art. 173 l. f. non possono più essere individuati solo negli atti in frode ai creditori di cui agli artt. 64 e ss. l. fall., o comunque in comportamenti volontari idonei a pregiudicare le aspettative di soddisfacimento dei creditori, ma esigono che la condotta del debitore sia stata volta ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, cioè situazioni che, da un lato, se conosciute, avrebbero presumibilmente comportato una valutazione diversa e negativa della proposta e che, dall’altro, siano state “accertate” dal commissario giudiziale e cioè da lui “scoperte”.
L’atto di frode, per la revoca dell’ammissione, deve essere scoperto dal commissario giudiziale e deve essere tale da ingannare i creditori sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione, sottacendo l’esistenza di parte dell’attivo o aumentando artatamente il passivo in modo da far apparire la proposta maggiormente conveniente rispetto alla liquidazione fallimentare.
Sono necessarie l’annotazione sulle scritture del decreto di ammissione alla procedura di concordato per distinguere le registrazioni anteriori da quelle successive a tale evento, e la messa a disposizione del commissario giudiziale delle scritture contabili su cui il commissario giudiziale deve procedere alle verifiche ed agli accertamenti di sua competenza. Le scritture contabili, pertanto non sono lo strumento con il quale il debitore porta a conoscenza dei creditori tutti gli elementi rilevanti per il loro consenso sulla proposta di concordato, ma sono l’oggetto della verifica e dell’accertamento che il commissario giudiziale deve svolgere sui dati risultanti dalla proposta e dai suoi allegati.