La sottile distinzione tra atti compiuti a titolo di liberalità e atti soltanto gratuiti ai fini della revocabilità ex art. 64 LF

Cass. Sez. I, 24.6.2015 n. 13087

Diritto fallimentare – revocatoria – atti a titolo gratuito – condizioni

Occorre distinguere non solo tra nego­zio a titolo gratuito e negozio a titolo oneroso, ma anche tra gratuità e liberalità. In particolare l’assenza di corrispettivo, se è sufficiente a caratterizzare i negozi a titolo gra­tuito (così distinguendoli da quelli a titolo one­roso), non basta invece ad individuare i caratteri della donazione, per la cui sussistenza sono neces­sari, oltre all’incremento del patrimonio altrui, la concorrenza di un elemento soggettivo (lo spiri­to di liberalità) consistente nella consapevolezza di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi in alcun modo costretti, e di un elemento di carattere obbiettivo, dato dal depaupera­mento di chi ha disposto del diritto o ha assunto l’obbligazione. Si può avere perciò un atto che, benché gratuito, non è manifestazione di liberalità. Ma secondo la giurisprudenza, la valutazione di gratuità od one­rosità di un negozio, ai fini dell’art. 64 legge fall., «deve essere compiuta con riguardo alla cau­sa, e non già ai motivi dello stesso, con la conse­guenza che deve escludersi che atti a titolo gra­tuito siano quelli, e solo quelli, posti in essere per spirito di liberalità, essendo lo spirito di liberalità richiesto per la donazione (art. 769 cc), mentre non è indispensabile negli altri con­tratti a titolo gratuito, che sono quelli in cui una sola parte riceve e l’altra, sola, sopporta un sacrificio, unica essendo l’attribuzione patrimo­niale.