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Da quando decorre il termine per la riassunzione in caso di fallimento di una parte

Cass. Sez. III, 5.1.2024 n. 322

Diritto della crisi di impresa – liquidazione giudiziale – interruzione del processo – riassunzione – termine – decorrenza

In caso di apertura del fallimento, l’interruzione del processo è automatica ai sensi dell’art. 43, comma 3, legge fall., ma il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all’art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 legge fall. per le domande di credito (nella specie, come detto, non integrantisi), decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, qualora non già conosciuta in ragione della sua pronuncia in udienza ai sensi dell’art.176, comma 2, c.p.c., va notificata alle parti o al curatore da uno degli interessati o comunque comunicata dall’ufficio giudiziario.

L’impegno a rinunciare a un diritto non può essere oggetto di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cc

Cass. Sez. II, 28.12.2023 n. 36224

Diritto delle obbligazioni e contratti – esecuzione in forma specifica – rinuncia – inapplicabilità

In tema di esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre, non è passibile di coazione specifica l’obbligo di rinuncia unilaterale abdicativa ad un diritto, che – in quanto tale – non ha effetto traslativo in favore del richiedente.

La transazione con il curatore non può riconoscere a un creditore prededuzioni non previste dalla legge

Cass. Sez. I, 19.12.2023 n. 35452

Diritto della crisi di impresa e dell’insolvenza – liquidazione giudiziale – transazione – oggetto

La transazione stipulata tra il curatore fallimentare e il creditore, nella parte in cui ha riconosciuto a quest’ultimo una prededuzione che non è prevista dalla legge, è affetta da nullità.

La prova della natura ripristinatoria delle rimesse e dell’esistenza di un’apertura di credito presuppone la legittimità del contratto

Cass. Sez. I, 15.12.2023 n. 35189

Diritto bancario e dei mercati finanziari – contratti bancari – conto corrente – natura delle rimesse – prova

In tema di prescrizione del diritto alla ripetizione di somme affluite sul conto corrente, nella vigenza del d. lgs. n. 385 del 1993, la prova della natura ripristinatoria delle rimesse, di cui è onerato il correntista, può essere da questi fornita dando riscontro della conclusione del contratto di apertura di credito senza che operi il limite posto dall’art. 2725 c.c., ove il correntista stesso non abbia fatto valere la nullità del negozio.

La prova della natura ripristinatoria delle rimesse e dell’esistenza di un’apertura di credito può essere data anche per presunzioni

Cass. Sez. I, 14.12.2023 n. 34997

Diritto bancario e dei mercati finanziari – contratti bancari – conto corrente – natura delle rimesse – prova

In tema di prescrizione del diritto alla ripetizione di somme affluite sul conto corrente, la prova della natura ripristinatoria delle rimesse, di cui è onerato il correntista, come i suoi avente causa, può essere fornita dando riscontro, attraverso presunzioni, della conclusione del contratto di apertura di credito, quando tale contratto sia stato concluso prima dell’entrata in vigore della l. n. 154 del 1992 e del d.lgs. n. 385/1993, o quando, pur operando, per il periodo successivo a quest’ultima disciplina, la nullità del contratto per vizio di forma, il correntista o il suo avente causa non facciano valere, a norma dell’art. 127, comma 2, d. lgs. cit., la nullità stessa.

La differenza tra cofideiussione e fideiussione del fideiussore

Cass. Sez. III, 13.12.2023 n. 34989

Diritto delle obbligazioni e contratti – cofideiussione – fideiussione del fideiussore – differenza

La cofideiussione, di cui all’art. 1946 c.c., postula che più persone prestino fideiussione a garanzia del debito di un medesimo debitore principale, distinguendosi perciò dalla fideiussione del fideiussore di cui all’art. 1940 c.c., che ha, viceversa, per oggetto, anziché l’obbligazione del debitore principale, il debito di altro fideiussore di primo grado; pertanto, nella seconda figura difetta, pur nella pluralità dei garanti, l’intento di garantire congiuntamente un identico debito e non si applica la disciplina ex art. 1954 c.c. sul regresso del fideiussore pagante nei confronti degli altri fideiussori.

Il tasso Euribor manipolato comporta la nullità della clausola determinativa degli interessi

Cass. Sez. III, 13.12.2023 n. 34889

Diritto bancario e dei mercati finanziari – contratti bancari – Euribor – manipolazione – nullità

Va dichiarata la nullità del tasso applicato nel contratto di leasing che sia stato determinato facendo riferimento al tasso Euribor fissato attraverso un accordo manipolativo della concorrenza da un certo numero di istituti bancari, quale quello di manipolazione dell’Euribor tra il settembre 2005 ed il maggio 2008 dalla Commissione Antitrust Europea con decisione del 4 dicembre 2013. La decisione della Commissione deve ritenersi prova privilegiata dell’accordo manipolativo della concorrenza, posto a supporto della domanda di declaratoria di nullità dei tassi “manipolati” e di rideterminazione degli interessi nel periodo coinvolto dalla manipolazione. Il valore di prova privilegiata, inoltre, prescinde dal fatto che all’intesa illecita abbia o meno partecipato la banca finanziatrice, giacché, oggetto del divieto di cui all’art. 2 della l. n. 287/1990, deve ritenersi qualunque contratto o negozio a valle che costituisca applicazione delle intese illecite concluse a monte.

Come il cessionario del credito può proporre impugnazione della decisione emessa nei confronti del cedente

Cass. Sez. III, 7.12.2023 n. 34373

Diritto delle obbligazioni e contratti – cessione di credito – impugnazione – cessionario – proponibilità

Il soggetto che proponga impugnazione ovvero vi resista nell’asserita qualità di successore, a titolo universale o particolare, di colui che era stato parte nel precedente grado o fase di giudizio, deve, prima ancora che provare, allegare la propria legitimatio ad causam per essere subentrato nella medesima posizione del proprio dante causa, ossia le circostanze che costituiscono il presupposto di legittimazione alla sua successione nel processo, la mancanza delle quali, attenendo alla regolare instaurazione del contraddittorio nella fase della impugnazione, è rilevabile d’ufficio.

La causa per revocatoria non può essere estesa nei confronti del successivo sub-acquirente

Cass. Sez. III, 6.12.2023 n. 34214

Diritto delle obbligazioni e contratti – azione revocatoria – sub-acquirente – estensione – inammissibilità

Nel giudizio per revocatoria ordinaria proposto nei confronti dell’acquirente, il creditore non può, ove si verifichi una alienazione successiva del medesimo immobile, inserire in corso di giudizio un’ulteriore domanda nei confronti del terzo sub-acquirente, poiché la domanda nei confronti di quest’ultimo non può dirsi né di garanzia né comune a quella inizialmente introdotta, secondo quanto richiesto dall’art. 106 c.p.c. per la chiamata del terzo, potendo il suo acquisto essere pregiudicato solo in presenza dei presupposti di cui all’art. 2901, comma 4, c.c., e tenuto conto che solo al curatore fallimentare è consentito, ai sensi dell’art. 66, comma 2, l.fall., ampliare “a cascata”, l’ordinaria azione revocatoria contro tutti i successivi subacquirenti, al fine di assicurare, in ragione della superiore difficoltà di recupero, una più intensa tutela dei creditori dell’alienante caduto in fallimento.

Quando si può esperire l’azione di indebito arricchimento

Cass. Sez. Un., 5.12.2023 n. 33954

Diritto delle obbligazioni e contratti – azione di indebito arricchimento – esperibilità

Ai fini della verifica del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c., la domanda di arricchimento è proponibile ove la diversa azione, fondata sul contratto, su legge ovvero su clausole generali, si riveli carente ab origine del titolo giustificativo.