Archivio mensile:marzo 2017

In caso di cessione di azienda il cessionario non risponde della azione revocatoria imputabile al cedente

Cass. Sez. Un., 28.2.2017 n. 5054

Diritto fallimentare – azione revocatoria – legittimazione passiva – cessione di azienda – cessionario – esclusione

In caso di cessione di azienda l’art. 2560 cc va interpretato nel senso che la responsabilità del cessionario è limitata all’evidenza diretta risultante dai libri contabili obbligatori dell’impresa, a tutela del suo legittimo affidamento, essenziale per il corretto svolgimento della circolazione di beni di particolare rilievo commerciale. La chiara dizione della rubrica (Debiti relativi all’azienda ceduta) e del testo dell’art.2560 cod. civile non consente, infatti, di ritenere estensivamente inclusa nel trasferimento dell’azienda commerciale anche una situazione non già di debito, bensì di soggezione ad una successiva azione revocatoria promossa dal curatore del fallimento del cedente.

Si può chiedere l’adempimento del contratto preliminare a un prezzo inferiore in caso di vizi o difformità dell’immobile venduto

Cass. Sez. II, 27.2.2017 n. 4939

Diritto delle obbligazioni e contratti – contratto preliminare – adempimento – condizioni

Con riguardo al preliminare di vendita di immobile da costruire, e per il caso in cui detto bene venga realizzato con vizi o difformità, che non lo rendano oggettivamente diverso, per struttura e funzione, ma incidano solo sul suo valore, ovvero su secondarie modalità di godimento, deve ritenersi che il promissario acquirente, a fronte dell’inadempimento del promittente venditore, non resta soggetto alla sola alternativa della risoluzione del contratto o dell’accettazione senza riserve della cosa viziata o difforme, ma può esperire la azione di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo, a norma dell’art. 2932 cod. civ., chiedendo, contestualmente e cumulativamente, la riduzione del prezzo, tenuto conto che il particolare rimedio offerto dal citato art. 2932 cod. civ. non esaurisce la tutela della parte adempiente, secondo i principi generali dei contratti a prestazioni corrispettive, e che una pronuncia del giudice, che tenga luogo del contratto non concluso, fissando un prezzo inferiore a quello pattuito con il preliminare, configura un legittimo intervento riequilibrativo delle contrapposte prestazioni, rivolto ad assicurare che l’interesse del promissario alla sostanziale conservazione degli impegni assunti non sia eluso da fatti ascrivibili al promittente.

Il Tribunale valuta la fattibilità giuridica ed economica del concordato; la convenienza economica è valutata dai creditori

Cass. Sez. I, 27.2.2017 n. 4915

Diritto fallimentare – concordato preventivo – sindacato del giudice – limiti

Mentre il sindacato del giudice sulla fattibilità giuridica, intesa come verifica della non incompatibilità del piano con norme inderogabili, non incontra particolari limiti, il controllo sulla fattibilità economica, intesa come realizzabilità nei fatti del medesimo, può essere svolto nei limiti nella verifica della sussistenza o meno di una assoluta, manifesta inettitudine del piano presentato dal debitore a raggiungere gli obbiettivi prefissati, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi.
E’ riservata ai creditori solo la valutazione di convenienza di una proposta plausibile, rispetto all’alternativa fallimentare, oltre che, ovviamente, la specifica realizzabilità della singola percentuale di soddisfazione per ciascuno di essi.

L’assegno bancario senza beneficiario è al portatore

Cass. Sez. I, 27.2.2017 n. 4110

Diritto bancario – contratto bancario – consumatore – clausole vessatorie – negoziazione

A differenza di quanto previsto per la cambiale, per l’assegno bancario l’indicazione del nome del prenditore non figura tra i requisiti inderogabili previsti dagli artt. 1 – 2 del R.D. n. 1736/1933: l’assegno che ne sia privo non va quindi qualificato come un titolo incompleto o in via di formazione ma al portatore.

Le deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria contenuta nel contratto bancario va negoziata specificamente

Cass. Sez. VI, 13.2.2017 n. 3744

Diritto bancario – contratto bancario – consumatore – clausole vessatorie – negoziazione

In tema di arbitrato tra banca e consumatore, la deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria in favore degli arbitri, in forza di quanto previsto dall’art. 33, comma 2, lettera t), del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, è possibile alla condizione che si dimostri l’esistenza di una specifica trattativa tra le parti, e la prova di tale circostanza costituisce onere preliminare a carico del professionista che intenda avvalersi della clausola arbitrale di deroga, ponendosi l’esistenza della trattativa come un prius logico rispetto alla dimostrazione della natura non vessatoria di siffatta clausola.

Il comodato “ad uso familiare”

Cass. Sez. III, 10.2.2017 n. 3553

Obbligazioni – contratti- comodato – nozione – restituzione del bene

Esistono due “forme” di comodato: quello propriamente detto ex artt. 1803 e1809 c.c., e quello cd. precario, regolato dall’art. 1810 c.c., con rubrica “comodato senza determinazione di durata”.
Il primo tipo di comodato è quello «sorto con la consegna della cosa per un tempo determinato o per un uso che consente di stabilire la scadenza contrattuale». E, in questo caso, il comodante ha la facoltà di esigere restituzione immediata solo qualora sopravvenga un bisogno imprevisto e urgente, come previsto al secondo comma dell’art. 1809 c.c.. Va ricondotto a questo tipo contrattuale il comodato di immobile che, in assenza di pattuizioni sul termine del godimento, è destinato al soddisfacimento delle esigenze abitative della famiglia del comodatario.

Il termine per proporre reclamo al decreto di omologazione del concordato preventivo

Cass. Sez. I, 9.2.2017 n. 3463

Diritto fallimentare – concordato preventivo – omologazione – impugnazione – termine – decorrenza

Il termine per proporre reclamo avverso il decreto di omologazione del concordato preventivo ex art. 183 legge fall. è di trenta giorni, con decorrenza dalla notificazione del provvedimento e non dalla pubblicazione nel registro delle imprese.

Le domande connesse al giudizio di separazione

Cass. Sez. I, 8.2.2017 n. 3316

Diritto di famiglia – procedimento di separazione – eccezioni e domande proponibili

Proposta nei confronti del coniuge nell’ambito di un giudizio di separazione personale, soggetto al rito camerale, una domanda di restituzione di somme di danaro o di beni mobili al di fuori delle ipotesi di connessione qualificata, la mancanza di una ragione di connessione idonea a consentire la trattazione unitaria della cause può essere eccepita dalle parti, o rilevata dal giudice, non oltre la prima udienza con la conseguenza che essa non può essere rilevata d’ufficio per la prima volta in appello al fine di dichiarare l’inammissibilità della domanda di restituzione, esaminata e decisa nel merito in primo grado.

Fino alla dichiarazione di fallimento decorrono gli interessi moratori commerciali

Cass. Sez. VI, 8.2.2017 n. 3300

Diritto fallimentare – crediti – interessi commerciali – decorrenza

Il divieto di riconoscimento degli interessi moratori commerciali per debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore (art. 1, comma 2, legge n. 231 del 2002) decorre solo dal momento della dichiarazione di fallimento, per cui rimane fermo il diritto al riconoscimento di quelli già maturati antecedentemente all’accertamento dell’insolvenza del debitore; tali interessi, infatti, si producono automaticamente senza necessità di formale messa in mora del debitore, in quanto la disciplina dei crediti nati nelle cd. «transazioni commerciali» tra imprese hanno un loro peculiare statuto imposto dal diritto comunitario, di natura speciale rispetto alle preesistenti disposizioni del diritto concorsuale (artt. 54 e 55 legge fall.) che non può essere oggetto di interpretazioni abroganti da parte del giudice comune.

Se il versamento in conto ha natura ripristinatoria la prescrizione della ripetizione decorre dalla data di chiusura del conto

Cass. Sez. I, 7.2.2017 n. 3190

Diritto bancario – ripetizione di indebito – prescrizione – decorrenza

L’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati. Infatti, nell’anzidetta ipotesi ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del solvens con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell’accipiens.