Archivio mensile:giugno 2016

Solo il Curatore può proseguire l’azione di responsabilità contro gli amministratori e i sindaci della società fallita

Cass. Sez. I, 31.5.2016 n. 11264

Diritto societario – azione di responsabilitò contro amministratori e sindaci – fallimento – legittimazione

In tema di azione di responsabilità sociale promossa nei confronti degli amministratori e dei sindaci di società a responsabilità limitata, ai sensi dell’art. 2476 c.c., comma 3, dai soci in sostituzione processuale della società, nel caso di suo successivo fallimento, ai sensi dell’art. 146, comma 2, lett. a), l legge fall., è il curatore fallimentare l’unico soggetto legittimato a proseguire l’azione. Sicché, quando nel corso dell’appello riassunto nei confronti del fallimento della società, il curatore non abbia inteso proseguire l’azione, la causa deve essere dichiarata senz’altro improcedibile, per sopravvenuto difetto di legittimazione attiva dei soci.

Le rimesse solutorie e ripristinatorie

Cass. Sez. I, 26.5.2016 n. 10941

Diritto bancario – conto corrente – rimesse solutorie o ripristinatorie – differenza

Se al conto accede l’apertura di credito bancario ex artt.1842 e ss., e se il correntista, durante lo svolgimento del rapporto, ha effettuato non solo prelevamenti, ma anche versamenti, questi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti,ove si tratti di versamenti su conto cd. scoperto, quando cioè siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento (o su conto in passivo a cui non acceda l’apertura di credito), mentre negli altri casi nei quali il passivo non superi l’affidamento, i versamenti fungono da atti ripristinatori della provvista di cui il correntista può ancora godere.

In caso di contestazione del credito nel progetto di distribuzione in sede esecutiva l’onere della prova è quello ordinario

Cass. Sez. III, 25.5.2016 n. 10752

Diritto processuale civile – esecuzione per espropriazione forzata – progetto di distribuzione – credito contestato – onere della prova – condizioni

Ex art. 512 cpc la cognizione sommaria in funzione degli accertamenti necessari da compiersi dal giudice dell’esecuzione è regolata, sul piano dell’onere probatorio, dal principio per cui chi solleva la contestazione della posizione di vantaggio altrui coinvolta nella distribuzione, se tale posizione, quanto a ciò che è oggetto di contestazione, non emerge da elementi certi risultanti da ciò su cui chi la rivendica la fonda per partecipare alla distribuzione, non è onerato di dare la prova negativa dell’insussistenza di quegli elementi. Viceversa, è chi rivendichi la posizione di vantaggio a dover dare dimostrazione di tali elementi nel procedimento cui allude lo stesso art. 512 c.p.c. con il riferimento agli accertamenti necessari.

L’assegno postdatato concesso in garanzia non è valido

Cass. Sez. I, 24.5.2016 n. 10710

Diritto delle obbligazioni e contratti – assegno bancario – garanzia – nullità

L’emissione di un assegno in bianco o postdatato, cui di regola si fa ricorso per realizzare il fine di garanzia – nel senso che esso è consegnato a garanzia di un debito e deve essere restituito al debitore qualora questi adempia regolarmente alla scadenza della propria obbligazione, rimanendo nel frattempo nelle mani del creditore come titolo esecutivo da far valere in caso di inadempimento -, è contrario alle norme imperative contenute negli artt. 1 e 2 del R.D. 21 dicembre 1933 n. 1736 e dà luogo ad un giudizio negativo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, alla luce del criterio della conformità a norme imperative, all’ordine pubblico ed al buon costume enunciato dall’art. 1343 cod. civ.. Pertanto, non viola il principio dell’autonomia contrattuale sancito dall’art. 1322 cc il giudice che, in relazione a tale assegno, dichiari nullo il patto di garanzia e sussistente la promessa di pagamento di cui all’art. 1988 cod. civ.

Gli effetti della cancellazione della società

Cass. Sez. III, 24.5.2016 n. 10694

Diritto societario – cancellazione società – effetti

L’estinzione della società di capitali per effetto della volontaria cancellazione dal registro delle imprese dà luogo ad un fenomeno di tipo successorio nei confronti dei soci, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, che rispondono nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione, o illimitatamente, a seconda che fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione si trasferiscono ai soci, in regime di con titolarità o comunione indivisa.

La responsabilità dell’intermediario finanziario è contrattuale

Cass. Sez. I, 23.5.2016 n. 10640

Diritto finanziario – obblighi informativi – inadempimento – responsabilità contrattuale – sussistenza

La responsabilità dell’intermediario che ometta di informarsi sulla propensione al rischio del cliente o di rappresentare a quest’ultimo i rischi dell’investimento, ovvero che compia operazioni inadeguate quando dovrebbe astenersene, ha natura contrattuale, investendo il non corretto adempimento di obblighi legali facenti parte integrante del contratto-quadro (o contratto d’investimento) intercorrente tra le parti. L’onere della prova va quindi ripartito secondo il disposto ex art. 1218 cod. civ., sicché spetta all’investitore allegare l’inadempimento delle obbligazioni poste a carico dell’intermediario e provare il pregiudizio conseguente, mentre incombe sull’intermediario provare d’aver rispettato i dettami di legge e di avere agito con la specifica diligenza richiesta.

La banca deve provare che le credenziali informatiche del cliente siano state sottratte senza sua colpa

Cass. Sez. I, 23.5.2016 n. 10638

Diritto bancario – dati personali – credenziali informatiche – furto – responsabilità contrattuale – sussistenza

In caso di responsabilità per l’abusiva utilizzazione di credenziali informatiche del correntista nell’ambito di un servizio equiparabile a quello di home banking, non spetta al correntista provare di non aver autorizzato l’esecuzione dell’operazione (prova negativa difficilmente ipotizzabile) o, specificamente, di aver subito il furto dei dati identificativi personali. La ripartizione dell’onere della prova, in casi simili, segue la disciplina dettata dalle norme sopra richiamate, le quali postulano l’adozione di un criterio di responsabilità efficacemente definito, in dottrina, come di tipo “semioggettivo”, atteso il rinvio all’art. 2050 cod. civ. contenuto nell’art. 15 del codice della privacy, e atteso che il modello di responsabilità è coerente con quello delineato finanche a livello comunitario dall’art. 23 e dal considerando n. 55 della direttiva comunitaria n. 95/46-CE, relativamente alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali.
Pertanto il cliente è onerato solo della prova del danno siccome riferibile al trattamento del suo dato personale, mentre è la banca onerata della prova liberatoria consistente nell’aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.

Gli interessi ultralegali vanno pattuiti per atto sottoscritto da entrambe le parti

Cass. Sez. I, 20.5.2016 n. 10516

Diritto bancario – interessi – pattuizione – atto scritto – necessità

Ex art. 1284/3 cc la costituzione dell’obbligo di pagare interessi in misura superiore a quella legale richiede la forma scritta “ad substantiam”, sicché, nel caso di mancata sottoscrizione del relativo patto da parte di entrambi i contraenti, non può ritenersi che un accordo siffatto si sia concluso “per facta concludentia”. La mancata contestazione degli estratti conto inviati al cliente dalla banca, oggetto di tacita approvazione in difetto di contestazione ai sensi dell’art. 1832 cc, non vale a superare la nullità della clausola relativa agli interessi ultralegali, perché l’unilaterale comunicazione del tasso d’interesse non può supplire al difetto originario di valido accordo scritto in deroga alle condizioni di legge.

Il danno da mancata acquisizione del consenso informato

Cass. Sez. III, 20.5.2016, n. 10414

Risarcimento danni – consenso informato del paziente – mancata acquisizione

In tema di attività medico-chirurgica, è risarcibile il danno cagionato dalla mancata acquisizione del consenso informato del paziente in ordine all’esecuzione di un intervento chirurgico, ancorché esso apparisse ‘ex ante’ necessitato sul piano terapeutico e sia pure risultato ‘ex post’ integralmente risolutivo della patologia lamentata, integrando comunque tale omissione dell’informazione una privazione della libertà di autodeterminazione del paziente circa la sua persona, in quanto preclusiva della possibilità di esercitare tutte le opzioni relative all’espletamento dell’atto medico e di beneficiare della conseguente diminuzione della sofferenza psichica, senza che detti pregiudizi vengano in alcun modo compensati dall’esito favorevole dell’intervento.
D’altra parte, l’acquisizione del consenso informato del paziente costituisce evidentemente una prestazione differente rispetto all’intervento terapeutico. Pertanto l’errata esecuzione di quest’ultimo da luogo ad un danno suscettibile di ulteriore e autonomo risarcimento rispetto a quello dovuto per la violazione dell’obbligo di informazione, anche in ragione della diversità dei diritti – rispettivamente all’autodeterminazione delle scelte terapeutiche ed all’integrità psicofisica – pregiudicati nelle due differenti ipotesi.

La nozione di mercato rilevante per la concorrenza

Cass. Sez. I, 19.5.2016 n. 10336

Diritto commerciale – concorrenza sleale – mercato rilevante – definizione

Uno dei presupposti per l’accertamento della esistenza della concorrenza sleale, la cui assenza impedisce ogni concorrenza, è costituito dall’esistenza della comunanza di clientela che è data non già dalla identità soggettiva degli acquirenti dei prodotti delle due imprese, bensì dall’insieme dei consumatori che sentono il medesimo bisogno di mercato, e, pertanto, si rivolgono all’acquisto di tutti quei prodotti che quel bisogno sono idonei a soddisfare. La comunanza della clientela va verificata anche in una prospettiva potenziale, dovendosi, al riguardo, esaminare se l’attività di cui si tratta, considerata nella sua naturale dinamicità, consenta di configurare, quale esito di mercato fisiologico e prevedibile, sul piano temporale e geografico, e, quindi, su quello merceologico, l’offerta dei medesimi prodotti, ovvero di prodotti affini o succedanei rispetto a quelli attualmente offerti dal soggetto che lamenta la concorrenza sleale. Per quanto concerne, in particolare, l’ambito geografico, ciò che viene in gioco è l’accertamento del mercato di riferimento, ovvero, nel c.d. mercato rilevante, che è quello nel quale operano ovvero, secondo la naturale espansività delle attività economiche, possono operare gli imprenditori in controversia.