Archivio mensile:febbraio 2016

La differenza tra vizio redibitorio e aliud pro alio

Cass. Sez. III, 29.1.2016 n. 1669

Diritto delle obbligazioni e contratti – vendita – vizi – risoluzione – aliud pro alio – distinzione

Si ha mancanza di qualità essenziale della cosa, qualora questa presenti imperfezioni che la rendano inidonea all’uso cui dovrebbe essere destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, ovvero qualora essa appartenga, per caratteristiche strutturali, ad un tipo diverso o ad una specie diversa da quella pattuita; mentre ricorre l’aliud pro alio, qualora il bene venduto sia completamente diverso da quello pattuito, in quanto appartenendo ad un genere diverso, si riveli funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere la destinazione economico-sociale della res venduta e, quindi, a fornire l’utilità richiesta.

Il “pari uso” nel condominio

Cass. Civ., Sez. II, 26.1.2016 n.1421

Della proprietà – Del condominio negli edifici – parti comuni

In materia di condominio degli edifici, è possibile disporre, nell’ambito dell’utilizzo delle cose comuni, con regolamento condominiale, a condizione che, ad ogni condomino, sia garantito il diritto al pari uso delle medesime.
Per “pari uso” deve intendersi «non l’uso identico in concreto (se possibile), ma in particolare l’astratta valutazione del rapporto di equilibrio che deve essere potenzialmente mantenuto tra tutte le possibili concorrenti utilizzazioni del bene comune da parte dei partecipanti al condominio».
E’, pertanto, da escludersi che con l’espressione in esame si indichi l’uso contemporaneo ed identico della cosa, con la conseguenza che una disciplina turnaria (nel caso di specie, riferita ai posti auto all’interno del cortile dell’edificio) non implica l’esclusione di un condomino dal godimento di un bene comune, garantendo, al contrario, allo stesso, la possibilità di fruirne nel modo più ampio possibile.

Quali sono gli obblighi informativi che gravano sulla banca che proponga l’investimento al proprio cliente

Cass. Sez. I, 26.1.2016 n. 1376

Diritto finanziario – intermediario finanziario – obblighi informativi – modalità

In tema di servizi di investimento, la banca intermediaria, prima di effettuare operazioni, ha l’obbligo di fornire all’investitore un’informazione adeguata in concreto, tale cioè da soddisfare le specifiche esigenze dei singolo rapporto, in relazione alle caratteristiche personali e alla situazione finanziaria del cliente, e, a fronte di un’operazione non adeguata, può darvi corso soltanto a seguito di un ordine impartito per iscritto dall’investitore in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute. La dichiarazione resa dai cliente, su modulo predisposto dalla banca e da lui sottoscritto, in ordine alla propria consapevolezza, conseguente alle informazioni ricevute, della rischiosità dell’investimento suggerito e sollecitato dalla banca e della inadeguatezza dello stesso rispetto al suo profilo d’investitore, non costituisce dichiarazione confessoria, in quanto è rivolta alla formulazione di un giudizio e non all’affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo. Tale dichiarazione può, al più, comprovare l’avvenuto assolvimento degli obblighi di informazione incombenti sull’intermediario, sempre che sia corredata da una, sia pure sintetica, indicazione delle caratteristiche del titolo, in relazione al profilo dell’investitore ed alla sua propensione al rischio, tali da poterne sconsigliare l’acquisto.

Il legame che esiste tra il mutuo e il contributo nel credito agevolato

Cass. Sez. I, 26.1.2016 n. 1369

Diritto bancario – credito agevolato – mutuo di scopo – rapporti tra contratti – accessorietà

La concessione di un credito agevolato presuppone la nascita di un rapporto principale, instaurato tra l’istituto finanziario erogatore ed il privato, e di un rapporto secondario, che intercorre tra l’ente pubblico ed il detto istituto finanziario. Il primo rapporto integra gli estremi del mutuo di scopo, in cui per legge o per volontà delle parti assume un ruolo primario l’interesse alla realizzazione dello scopo, tanto da tradursi, attraverso una clausola di destinazione, nell’assunzione, da parte del sovvenuto, dell’obbligo di compiere l’attività necessaria al perseguimento della finalità che il finanziamento mira ad agevolare. Il secondo rapporto è, invece, rappresentato da una convenzione (comunemente detta contratto di ausilio) diretta a regolare l’obbligazione nei confronti dell’istituto finanziario, e con la quale l’ente pubblico si accolla una parte degli interessi che devono essere corrisposti dal privato all’istituto mutuante. Il collegamento tra il rapporto di credito fondamentale originato dal mutuo di scopo ed il rapporto di ausilio raffigurato dal contributo in conto interessi concesso dall’ente pubblico è, peraltro, di natura accessoria, tanto da poter cessare, lasciando sopravvivere il solo rapporto principale, quando l’istituto finanziario lo abbia regolato in modo da poter convertire il contratto di credito agevolato in un contratto di credito ordinario. Per converso, stante il vincolo di accessorietà che lega il contratto di ausilio a quello di mutuo, non è possibile che, a fronte della risoluzione di quest’ultimo, possa restare in vita solo il primo

La distinzione tra marchio complesso e marchio di insieme

Cass. Sez. I, 25.1.2016 n. 1275

Diritto della proprietà intellettuale – marchio – marchio complesso – definizione

Il marchio complesso è costituito da una composizione di più elementi, ciascuno dotato di capacità caratterizzante, il cui esame da parte del giudice deve effettuarsi in modo parcellizzato per ciascuno di essi, pur essendone la forza distintiva affidata all’elemento costituente il c.d. cuore del marchio; esso si distingue dal marchio d’insieme, in cui manca l’elemento caratterizzante e tutti i vari elementi sono singolarmente privi di distintività, derivando il valore distintivo, più o meno accentuato, soltanto dalla loro combinazione o, appunto, dal loro insieme.

Gli amministratori delle società di persone sono responsabili verso i soci se non presentano il rendiconto

Cass. Sez. I, 25.1.2016 n. 1261

Diritto societario – società di persone – rendiconto – omessa presentazione – responsabilità amministratori

L’omessa presentazione dei rendiconti e della conseguente mancata attribuzione degli utili al socio, quale comportamento assunto in inosservanza di norme che stabiliscono diritti dei soci immediatamente azionabili, comporta un danno diretto di questi, e quindi legittima il ricorso all’azione individuale di responsabilità. Pertanto il socio può agire nei confronti dell’amministratore per far valere la responsabilità extracontrattuale di questi in applicazione analogica dell’art. 2395 c.c. e, ove dedotte la mancata presentazione del rendiconto da parte dell’amministratore, e la conseguente mancata percezione degli utili, deve ritenersi che il socio abbia fatto valere il danno a sé diretto ed immediato.

La definizione e la valenza del rendiconto nelle società di persone

Cass. Sez. I, 25.1.2016 n. 1261

Diritto societario – società di persone – rendiconto – definizione

Per rendiconto deve intendersi la situazione contabile che equivale, quanto ai criteri fondamentali di valutazione, a quella di un bilancio, che è la sintesi contabile della consistenza patrimoniale della società al termine di un anno di attività.
Nelle società di persone, l’art. 2262 cc prevede che ciascun socio, dopo l’approvazione del rendiconto, ha diritto alla divisione ed alla distribuzione degli utili, mentre nelle società di capitali occorre la previa deliberazione assembleare ex art. 2433 c.c., che, preso atto della sussistenza di utili nel bilancio, ne autorizzi la distribuzione. Ne consegue che il diritto agli utili per il socio di società personale è subordinato alla sola approvazione del rendiconto.

Illegittimità della delibera condominiale e legittimità della pretesa del condomino

Cass. Civ., Sez. II, 22.1.2016 n. 1209

Della proprietà – Del condominio negli edifici – assemblea dei condomini – delibere assembleari

È legittima e non configura abuso del diritto la pretesa del condomino al ripristino dell’impianto di riscaldamento centralizzato soppresso dall’assemblea dei condomini con delibera dichiarata illegittima, essendo irrilevanti sia la onerosità per gli altri condomini – nel frattempo dotatisi di impianti unifamiliari – delle opere necessarie a tale ripristino sia l’eventuale possibilità per il condomino di ottenere eventualmente, a titolo di risarcimento del danno, il ristoro del costo necessario per la realizzazione di un impianto di riscaldamento autonomo»

La partecipazione anche di fatto di una srl in una società di persone non prevede il preventivo consenso dei soci

Cass. Sez. I, 21.1.2016 n. 1095

Diritto societario – società di persone – partecipazione di srl – formalità

La partecipazione di una società a responsabilità limitata in una società di persone, anche di fatto, non esige il rispetto dell’art. 2361/2 cc, dettato per le società per azioni, e costituisce un atto gestorio proprio dell’organo amministrativo, il quale non richiede – almeno allorché l’assunzione della partecipazione non comporti un significativo mutamento dell’oggetto sociale, la previa decisione autorizzativa dei soci, ai sensi dell’art. 2479/2 n. 5 cc.

La definizione del patto commissorio vietato

Cass. Sez. II, 21.1.2016 n. 1075

Diritto delle obbligazioni e contratti – patto commissorio – nullità – condizioni

Il divieto del patto commissorio, sancito dall’art. 2744 c.c., si estende a qualsiasi negozio, ancorché di per sé astrattamente lecito, che venga impiegato per conseguire il concreto risultato, vietato dall’ordinamento, di assoggettare il debitore all’illecita coercizione da parte del creditore, sottostando alla volontà del medesimo di conseguire il trasferimento della proprietà di un suo bene, quale conseguenza della mancata estinzione di un debito. In particolare, la vendita con patto di riscatto o di retrovendita, anche quando sia previsto il trasferimento effettivo del bene, è nulla se stipulata per una causa di garanzia (piuttosto che per una causa di scambio), nell’ambito della quale il versamento del danaro, da parte del compratore, non costituisca pagamento del prezzo ma esecuzione di un mutuo, ed il trasferimento del bene serva solo per costituire una posizione di garanzia provvisoria capace di evolversi a seconda che il debitore adempia o meno l’obbligo di restituire le somme ricevute. La predetta vendita, infatti, in quanto caratterizzata dalla causa di garanzia propria del mutuo con patto commissorio, piuttosto che dalla causa di scambio propria della vendita, pur non integrando direttamente un patto commissorio vietato dall’art. 2744 c.c., costituisce un mezzo per eludere tale norma imperativa ed esprime, perciò, una causa illecita che rende applicabile, all’intero contratto, la sanzione dell’art. 1344 c.c. Va invece esclusa la violazione del divieto del patto commissorio in caso di mancanza di prova del mutuo, oppure qualora la vendita sia pattuita allo scopo, non già di garantire l’adempimento di un’obbligazione con riguardo all’eventualità non ancora verificatasi che rimanga inadempiuta, ma di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto, o quando manchi l’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito che viene a contrarre; e che il divieto di tale patto non è applicabile allorquando la titolarità del bene passi all’acquirente con l’obbligo di ritrasferimento al venditore se costui provvederà all’esatto adempimento.