Archivio mensile:maggio 2014

Il giudice può sostituire la clausola del contratto di mutuo nulla

Corte di Giustizia UE, Sez. IV, 30.4.2014 causa C-26/13

Diritto commerciale – Diritto bancario – credito al consumo

Il diritto comunitario consente l’esistenza di una disposizione di legge nazionale la quale preveda che il giudice, nel caso in cui da un contratto concluso tra un professionista ed un consumatore sia eliminata una clausola abusiva, possa ovviare a detta nullità sostituendo la clausola nulla con una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva.

A certe condizioni è possibile parcheggiare nel cortile condominiale

Cass. Sez. II, 30.4.2014 n. 9522

Diritto immobiliare – condominio – proprietà condominiale – utilizzazione

Il condomino può utilizzare i beni comuni anche in modo più intenso purché non sia alterata la destinazione del bene né sia impedito il pari uso. Per quanto attiene, in particolare, ai cortili, ove le caratteristiche e le dimensioni lo consentano ed i titoli non vi ostino, l’uso degli stessi per l’accesso e la sosta dei veicoli non è incompatibile con la funzione primaria e tipica di tali beni.

Il controllo del tribunale sulla proposta di concordato è solo di fattibilità giuridica e non di convenienza economica

Cass. Sez. I, 30.4.2014 n. 9541

Diritto commerciale – Diritto fallimentare – concordato preventivo – proposta concordataria – poteri del Tribunale

Il controllo di legittimità da parte del Giudice, che deve svolgersi in tutte le fasi del concordato, non è limitato alla completezza, alla congruità logica ed alla coerenza complessiva della relazione del professionista, ma si estende alla fattibilità giuridica della proposta, la cui valutazione implica un giudizio in ordine alla sua compatibilità con le norme inderogabili e con la causa in concreto dell’accordo, il quale ha come finalità il superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e l’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro. Il giudizio invece di convenienza economica della proposta è riservato ai creditori.

Le operazioni annotate sul libretto bancario fanno piena prova se firmate dal cassiere della banca

Cass. Sez. I, 24.4.2014 n. 9277

Diritto commerciale – Diritto bancario – contratto di deposito bancario – libretto bancario di deposito a risparmio – annotazioni – prova

Le annotazioni sul libretto, firmate dall’impiegato della banca che appare addetto al servizio, fanno piena prova nei rapporti tra banca e depositante. L’efficacia probatoria è dunque legata al fatto che le annotazioni siano firmate dall’impiegato addetto al servizio di sportello; solo così la banca è vincolata. Pertanto il libretto bancario di deposito a risparmio, pur non potendosi considerare atto pubblico dotato dell’efficacia probatoria privilegiata sino a querela di falso di cui all’art. 2700 cod. civ., è assistito dallo speciale regime delineato dall’art. 1835, stesso codice, sicché, ove il documento presenti i requisiti formali minimi richiesti, esso fa piena prova non solo delle annotazioni, ma anche della provenienza del libretto dalla banca al cui servizio appare addetto il funzionario che ha sottoscritto dette annotazioni.

La quietanza del prezzo non è opponibile al curatore fallimentare

Cass. Sez. II, 17.4.2014 n. 8949

Diritto commerciale – Diritto fallimentare – data certa

Il curatore fallimentare del venditore, il quale agisca per la dichiarazione di simulazione della quietanza relativa all’avvenuto pagamento del prezzo di compravendita al fine di recuperare al fallimento detto prezzo, agisce come “terzo” e può fornire la prova della simulazione “senza limiti”, e, quindi, sia a mezzo di testimoni, sia a mezzo di presunzioni.
In altri termini, qualora l’azione per far valere la simulazione di un contratto sia proposta dalla curatela fallimentare di una delle parti del contratto stesso, deve ritenersi ammissibile la prova per presunzioni della simulazione stessa, precisandosi, inoltre, che alla dichiarazione relativa al versamento del prezzo, pur contenuta in un rogito notarile di una compravendita immobiliare, non può attribuirsi valore vincolante nei confronti della stessa curatela, stante la sua posizione di terzietà rispetto alla persona del fallito, e possono trarsi elementi di valutazione circa il carattere fittizio del contratto dalla circostanza che il compratore, su cui grava l’onere di provare il pagamento del prezzo, non abbia fornito la relativa dimostrazione. Da ciò consegue che nel giudizio promosso dal curatore del fallimento del creditore per ottenere l’adempimento di un’obbligazione, il debitore non può opporre la quietanza – rilasciata dal creditore all’atto del pagamento – quale confessione stragiudiziale del pagamento stesso, perché tale confessione è valida solo nel giudizio in cui siano parti l’autore e il destinatario di quella dichiarazione di scienza, mentre il curatore, pur ponendosi, nell’esercizio di un diritto del fallito, nella stessa posizione di quest’ultimo, è una parte processuale diversa dal fallito medesimo, onde nei suoi confronti la suddetta quietanza potrà avere solo il valore di prova semplice liberamente valutabile dal giudice.

Quando si ha l’associazione in partecipazione?

Cass. Sez. I, 17.4.2014 n. 8955

Diritto commerciale – Diritto societario – associazione in partecipazione

L’associazione in partecipazione, secondo la nozione che ne viene data dall’art. 2549 cc, si qualifica proprio per il carattere sinallagmatico fra l’attribuzione da parte di un contraente (assodante) di una quota degli utili derivanti dalla gestione di una sua impresa e di un suo affare all’altro (associato) e l’apporto, da quest’ultimo conferito, che può essere di qualsiasi natura purché avente carattere strumentale per l’esercizio di quell’impresa o per lo svolgimento di quell’affare. Nell’associazione in partecipazione non si ha la formazione di un soggetto nuovo, né la costituzione di un patrimonio autonomo, né la comunanza dell’affare o dell’impresa; l’affare o l’impresa rimangono di esclusiva pertinenza dell’assodante così come a lui soltanto continuano ad appartenere tutti i mezzi per la conduzione dell’uno o dell’altra e tutti i relativi poteri di gestione e di decisione.

Il patto di riscatto inserito in una compravendita può eludere il divieto del patto commissorio

Cass. Sez. I, 17.4.2014 n. 8957

Diritto delle obbligazioni e dei contratti – patto commissorio

Il divieto del patto commissorio si estende a qualsiasi negozio che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento, dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di proprietà di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito. Ciò che conta, pertanto, è che gli accordi tra le parti devono essere tali da far ritenere che il trasferimento del bene al creditore sia effettivamente collegato, piuttosto che alla funzione di scambio, ad uno scopo di garanzia, restando invece irrilevanti la natura obbligatoria, traslativa o reale del contratto attraverso il quale si realizza questo scopo. In quest’ottica anche la vendita con patto di riscatto o di retrovendita può rappresentare un mezzo per eludere il divieto del patto commissorio, ogni qualvolta il versamento del prezzo da parte del compratore non sia il corrispettivo dovuto per l’acquisto della proprietà, ma l’erogazione di un mutuo, rispetto al quale il trasferimento del bene risponda alla sola finalità di costituire una posizione di garanzia provvisoria, capace di evolversi in maniera diversa a seconda che il debitore adempia o meno l’obbligo di restituire le somme ricevute.

Anche la delibera non vincolante per gli amministratori può essere sempre impugnata dai soci

Cass. Sez. I, 16.4.2014 n. 8867

Diritto commerciale – Diritto societaria – delibera assemblea – impugnazione

Anche quando la delibera non è vincolante per gli amministratori, il fatto stesso che costoro abbiano chiesto la deliberazione assembleare da diritto ai soci assenti o dissenzienti di impugnare la deliberazione medesima.

La differenza tra prescrizione estintiva e prescrizione presuntiva

Cass. Sez. II, 15.4.2014 n. 8735

Diritto delle obbligazioni e dei contratti – prescrizione presuntiva

La prescrizione estintiva consegue al mancato esercizio del diritto stesso per un determinato periodo di tempo e ciò allo scopo di garantire la certezza dei rapporti giuridici. La prescrizione presuntiva (o impropria) invece ha tutt’altra struttura e finalità, in quanto essa parte dalla presunzione che un determinato credito, data la sua particolare natura, sia stato pagato, o che si sia comunque estinto per effetto di una qualche causa.
In tema di prescrizione presuntiva, mentre il debitore, eccipiente, è tenuto a provare il decorso del termine previsto dalla legge, il creditore ha l’onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito, e tale prova può essere fornita soltanto con il deferimento del giuramento decisorio, ovvero avvalendosi dell’ammissione, fatta in giudizio dallo stesso debitore, che l’obbligazione non è stata estinta.

Si ha aliud pro alio quando il bene venduto è non solo difettoso ma addirittura in gran parte inservibile

Cass. Sez. II, 15.4.2014 n. 8728

Diritto delle obbligazioni e dei contratti – vendita – aliud pro alio

Si ha vendita di aliud pro alio (cosa diversa da quella pattuita) e non semplice vendita di un prodotto difettoso quando il bene consegnato risulti privo delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente, o abbia di­fetti che lo rendano inservibile. Ciò significa che, di fronte a una vendita aliud pro alio, l’acquirente può richiedere o la risoluzione del contratto o il suo corretto adempimento senza dover osservare i termini di decadenza e prescrizione previsti per i vizi o i difetti del bene venduto.