Archivio mensile:aprile 2014

La clausola arbitrale inserita nello statuto della società non si applica al contratto preliminare di cessione di quote

Corte Cass. Sez. II, 31.3.2014 n. 7501

Diritto commerciale – Diritto societario – clausola compromissoria

La clausola compromissoria contenuta in un determinato contratto, che deroga alla giurisdizione del giudice ordinario e deferisce agli arbitri eventuali controversia, non si estende a controversie relative ad altri contratti, ancorché collegati al contratto principale. Pertanto le controversie nascenti dal contratto preliminare di cessione di partecipazioni sociali non possono essere devolute agli arbitri, in forza di una clausola compromissoria contenuta solo nello statuto della medesima società.

La banca prima di dare un prestito deve verificare le capacità di rimborso del debitore, altrimenti rischia anche gli interessi legali

Corte Giustizia UE Sez. IV, 27.3.2014 causa C-565/12

Diritto commerciale – Diritto bancario – credito al consumo

L’articolo 23 della direttiva 2008/48 va interpretato nel senso che esso osta all’applicazione di un regime nazionale di sanzioni in forza del quale, in caso di violazione, da parte del creditore, del suo obbligo precontrattuale di valutare la solvibilità del debitore consultando una banca dati pertinente, il creditore decada dal suo diritto agli interessi convenzionali, ma benefici di pieno diritto degli interessi al tasso legale qualora il giudice del rinvio accerti che gli importi che possono essere effettivamente riscossi dal creditore in seguito all’applicazione della sanzione della decadenza dagli interessi non sono notevolmente inferiori a quelli di cui avrebbe potuto beneficiare se avesse ottemperato al suo obbligo di verifica della solvibilità del debitore.

Il Curatore ha sempre il diritto di sciogliersi dal contratto preliminare di compravendita

Corte Cass. Sez. VI, 27.3.2014 n. 7268

Diritto commerciale – Diritto fallimentare – contratto preliminare di compravendita

Nel contratto preliminare di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi della proprietà, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato, funzionalmente collegato al contratto preliminare e produttivo di effetti meramente obbligatori, e che, pertanto, la relazione del promissario acquirente con il bene è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata. Da ciò ne consegue che anche in questa ipotesi il curatore fallimentare del promittente la vendita può sempre sciogliersi da questo contratto.

La differenza tra leasing di godimento e leasing traslativo dipende dal valore residuo del bene al termine della locazione finanziaria

Corte Cass. Sez. III, 27.3.2014 n. 7212

Diritto delle obbligazioni e dei contratti – contratto di leasing – leasing di godimento – leasing traslativo – differenza

Ricorre la figura del leasing di godimento, pattuito con funzione di finanziamento, per queri beni che non sono idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e a fronte di canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell’uso dei beni stessi; è invece configurabile il leasing traslativo se il contratto si riferisce a beni che conservano, a quella scadenza, un valore residuo superiore all’importo convenuto per l’opzione di acquisto e nei quali pertanto i canoni hanno la funzione di scontare anche una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto.

I gravi motivi che consentono al conduttore di recedere devono riferirsi all’attività esercitata nei locali condotti in locazione

Corte Cass. Sez. III, 27.3.2014 n. 7217

Diritto immobiliare – locazione – recesso del conduttore per gravi motivi

I gravi motivi di recesso devono riguardare fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla stipulazione del contratto di locazione ed essere tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore, sotto il profilo economico, la prosecuzione del rapporto locativo. Questi requisiti devono esistere in riferimento allo specifico contratto di locazione per cui viene esercitato il recesso e che, ove venga addotta la non remuneratività dell’attività o addirittura la chiusura del ramo di azienda che utilizzava l’immobile interessato dal recesso, non possa tenersi conto dell’aumentata redditività di altre attività, tale da assorbire le perdite o anche da determinare un miglioramento complessivo delle condizioni economiche del conduttore.

Anche la sola possibilità di vivere un po’ più a lungo va risarcita

Corte Cass. Sez. III, 27.3.2014 n. 7195

Diritto delle obbligazioni e dei contratti – responsabilità medica – aspettativa di vita

In tema di danno alla persona, conseguente a responsabilità medica, integra l’esistenza di un danno risarcibile alla persona l’omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, allorché abbia determinato la tardiva esecuzione di un intervento chirurgico, che normalmente sia da praticare per evitare che l’esito definitivo del processo morboso si verifichi anzitempo, prima del suo normale decorso, e risulti inoltre che, per effetto del ritardo, sia andata perduta dal paziente la chance di conservare, durante quel decorso, una migliore qualità della vita nonché la chance di vivere alcune settimane od alcuni mesi in più, rispetto a quelli poi effettivamente vissuti.

Quando la banca vende prodotti finanziari di sua proprietà diventa una controparte del proprio cliente

Corte Cass. Sez. Trib., 26.3.2014 n. 7062

Diritto commerciale – Diritto finanziario – vendita in contropartita diretta

Nel sistema di vendita in contropartita diretta, le banche, su richiesta del cliente risparmiatore, vendono titoli di cui hanno acquistato la proprietà, e che, in virtù di ciò, stabiliscono il prezzo di vendita, a differenza di ciò che avviene nel sistema per conto terzi in cui, a fronte del pagamento di una provvigione, le banche si limitano a mettere in contatto i risparmiatori – clienti – con il soggetto che può vendere loro quanto richiesto. 
Pertanto, se si è nel primo caso, gli istituti di credito sono e agiscono quali vere e proprie controparti dei clienti risparmiatori, presentandosi come soggetti qualificati disponenti del bene richiesto, e praticando un prezzo che il cliente ritiene stabilito in base a valutazioni tecniche economiche che è lecito pretendere da un intermediario professionalmente attrezzato come è una banca.

Se il cliente chiede solo il risarcimento dei danni, il professionista ha comunque diritto a riscuotere il suo compenso

Corte Cass. Sez. II, 24.3.2014 n. 6886

Diritto delle obbligazioni e dei contratti – contratto di prestazione d’opera intellettuale – risoluzione – risarcimento dei danni

Nei contratti a prestazioni corrispettive, come è quello che lega il cliente al professionista, l’inadempimento (o inesatto adempimento) della prestazione di una parte abilita l’altra parte, a sua scelta, a chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il diritto a chiedere il risarcimento del danno. La domanda di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale può essere proposta congiuntamente o separatamente da quella di risoluzione, giacché è escluso che l’azione risarcitoria presupponga il necessario esperimento dell’azione di risoluzione del contratto. Se il cliente non chiede la risoluzione ma solo la condanna del professionista al risarcimento dei danni, questa domanda presuppone il mantenimento in vita del contratto e non il suo scioglimento e non fa venire meno il diritto del professionista a percepire il corrispettivo per la prestazione eseguita.

Quanto tempo ha il cliente per richiedere alla banca la restituzione degli interessi anatocistici?

Corte Cass. Sez. I, 24.3.2014 n. 6857

Diritto commerciale – Diritto bancario – anatocismo – azione di ripetizione – prescrizione

L’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati. Infatti, nell’anzidetta ipotesi ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del debitore.

Può fallire anche la società cooperativa

Corte Cass. Sez. I, 24.3.2014 n. 6835

Diritto commerciale – Diritto fallimentare – società cooperativa – fallimento

La nozione di impresa, nell’ambito del diritto comunitario, comprende qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, indipendentemente dal suo status giuridico e dalle modalità di finanziamento. Pertanto lo scopo mutualistico di una società cooperativa non è di per sé inconciliabile con quello di lucro, quale obiettiva economicità della gestione, potendo i due fini coesistere ed essere rivolti al conseguimento di uno stesso risultato. Pertanto, anche una società cooperativa può fallire.